venerdì 22 novembre 2013

I Python annunciano la data della rinascita

Uno in meno, ne rimangono cinque” è il dissacrante lancio dello spettacolo live che i Monty Python terranno – ieri l’annuncio – il prossimo 1 luglio 2014, alla 02 Arena di Londra. Nella conferenza stampa, diventata inevitabilmente un happening continuo, inclusa la presenza della storica partner femminile, Carole Cleveland (sicuramente invecchiata, ma conserva ancora bellissime gambe: come ha fatto?), quelle pesti anziane dei Monty Python hanno ribadito la voglia di esibirsi di nuovo, con materiale inedito e qualche riproposta degli sketch storici. L’artrosi ha sicuramente giocato ogni possibilità a John Cleese di rifare lo sketch delle Silly Walks (le Camminate Sciocche), ma hanno a disposizione un repertorio molto vasto, collaudato, che riproporranno in maniera inedita. Un po’ di gag, un po’ di sano vecchio sesso, ha detto Eric Idle, che sarà mai. Il teatro che si sono scelti è spaventoso: quasi ventimila i posti. I biglietti saranno disponibili dal prossimo lunedì 25 novembre ma tranquilli: i Python hanno già studiato la cosa per il resto del mondo che non potranno vederli dal vivo, registrando la serata in modo da poterla trasmettere in tv e venderla per l’home video. Insomma, ai Python servono i nostri soldi.
Ora che hanno attivato la stampa di tutto il mondo, e reso reale ciò che aspettavano i fan da oltre trent’anni, rimane qualche ragionevole dubbio. Anni fa, fu Michael Palin a rimaner perplesso per una eventuale rentrée del team, perché senza Graham Chapman, deceduto ventiquattro anni fa, i Python non sarebbero stati più gli stessi. Poi con l’età che incombe, la cosa stava diventando sempre di più improponibile. Ma il comedian non si abbatte così facilmente. Al massimo, qualcuno di loro morirà in scena o, nel caso di Terry Jones, si addormenterà nel bel mezzo di uno sketch. Io li adorerei comunque. E loro rimangono di una modernità assoluta: il loro spirito dell’assurdo e l’anarchia totale di ogni regola comica (come l’assenza della battuta finale negli sketch che facevano in tv) fa ancora ridere. La risposta a tutto questo l’avremo ovviamente il prossimo luglio.

mercoledì 20 novembre 2013

I Monty Python in un nuovo spettacolo?

Non sono morti. Stavano solo riposando. E da quando uno di loro è andato all'inferno, sono per la stampa "I sopravvissuti".
Il circo tornerà presto in città. Anzi, il circo volante, il Flying Circus che cambiò la comicità alla fine degli Sessanta, i cui componenti, sei laureati inglesi eccetto uno che è americano e completamente pazzo, amavano farsi chiamare Monty Python. Oggi ne sono sopravvissuti solo cinque, uno si ostina a dire che è morto nel 1989, hanno superato tutti i 70 anni, e l'ultima volta che hanno lavorato almeno ufficialmente risale al 1983, anno del film Monty Python - il Senso della vita (Palma d'Oro al Festival di Cannes). John Cleese, Eric Idle, Terry Gilliam, Michael Palin e Terry Jones hanno annunciato che fra due giorni si incontreranno per organizzare il loro tour teatrale dopo decenni dal loro ultimo "live" - a Hollywood, nel 1980-81 - e per dar segnale della veridicità della notizia, a turno hanno cliccato sui social network (Idle su twitter, Cleese su facebook) e spedito Terry Jones alla BBC che ha dichiarato, "spero che faremo un sacco di soldi così potrò pagare il mutuo". Quindi è vero, ci stanno provando a riunirsi in un'unica stanza - senza incidenti - e spremere le meningi per un nuovo spettacolo. La notizia sta facendo velocemente il giro del mondo perché per quanto sembrano essere invecchiati, ingrassati e rincoglioniti, i Python messi insieme fanno, o almeno facevano, un team comico formidabile. Tutti con una formazione artistica di gran rispetto - Oxford, Cambridge, quando le "recite" scolastiche erano prese terribilmente sul serio - ed esplosi come scrittori, attori, comici nei primi anni Sessanta, in quella satira che stava velocemente modificando l'umorismo inglese, già stravolto dal Goon Show (oh ragazzi, cercate su wikipedia perché non posso dirvi tutto!), si conobbero praticamente divisi a coppie e poi a trii negli studi della BBC: dei sei, il più noto alla fine del decennio del '60 era John Cleese, e quando la BBC gli propose uno show comico originale, si portò appresso Graham Chapman, con il quale aveva lavorato a teatro e in tv (spesso assieme a Marty Feldman), e Michael Palin, che a sua volta si portò con sé Idle, Jones e questo curioso e introverso ma geniale animatore americano, Terry Gilliam. Nel 1969, misero insieme l'idea del Monty Python Flying Circus. Dapprima spaventarono il pubblico, le vecchine, poi il loro umorismo dissacrante e provocatorio, geniale e davvero dirompente e innovativo, conquistò la Gran Bretagna, poi l'America. 
Poi i film, qualche tour teatrale, fino al 1983, quando ognuno di loro prese la propria strada, desiderosi di una carriera personale: ma già prima e durante quel periodo, ognuno era già volato sul proprio giardino (Cleese, per dirne uno, era quello che più desiderava scrollarsi di dosso quello che considerava un matrimonio forzato: spopolò senza eguali da solo, con la sitcom Fawlty Towers, nel 1975). Idle, nella autobiografia dei Python, aveva dichiarato che, ormai anziani, poteva andar bene rivedersi per raccontare il passato, ma rifare nuovi sketch era da vecchi coglioni. Sicuramente, Cleese non rifarà la camminata sciocca. Mentre scrivo, i cinque Python si avviano alla conferenza stampa con la quale presenteranno il nuovo show. Quando nel '98 si rividero ad Aspen, nell'entusiasmo generale si parlò di rifare uno spettacolo teatrale, forse un film, forse no, magari un seguito del "Sacro Graal" ambientato nelle Crociate, poi Gilliam e subito dopo Palin si mostrarono contrari. Lo scazzo durò qualche anno. Nel 2004, Idle produsse un adattamento del "Sacro Graal", intitolato "Spamalot", per le platee di tutto il mondo, con un successo clamoroso. I Python - meno Chapman, ancora deceduto - si mostrarono ancora insieme per i fotografi alla "prima". E li abbiamo rivisti di nuovo nella stessa stanza - eccetto Idle, via collegamento video - per promuovere il bluray del "Senso della vita", trent'anni dopo l'uscita di quell'incredibile film. E ora, lo stanno facendo davvero. 
Il mio entusiasmo è giustificato, credo. Chi mi conosce sa bene che adoro i Python da tempi non sospetti, nonostante in Italia siamo riusciti ad importarli nel peggiore dei modi: basti pensare che il loro film Monty Python and the Holy Grail (1975) arrivò nel 1976 semplicemente intitolato Monty Python e con un orribile doppiaggio fatto di dialetti italici, e solo nel 1983, con il Senso della Vita, complice il premio a Cannes, giungono nelle nostre sale, ironicamente quando il gruppo si stava ormai sciogliendo. E solo nel 1991 giungerà il geniale - e oggetto di polemiche molto accese, all'epoca - Life of Brian (1979), intitolato Brian di Nazareth, doppiato discretamente, bene accolto dal pubblico e freddamente dalla nostra critica. L'anno successivo, giunge anche E ora qualcosa di completamente diverso, del 1971, un divertente montaggio degli sketch migliori del loro Circo Volante. La serie, invece, vedrà la luce doppiata per l'home video, ma solo la prima stagione. Sottotitolata, l'intera serie di 45 episodi arriverà finalmente in dvd nel 2007. Poi esce il libro di Francesco Alò sulla loro storia e poi l'autobiografia, per mano della Sagoma Editore. Ora il mio scaffale sui Python sta per crollare, tanto il peso di libri, dvd, bluray e dischi. E farò di tutto per farlo cadere del tutto con i biglietti per il loro prossimo spettacolo. Perché è grazie ai Python che ho capito che bisogna vedere il lato positivo della vita.

mercoledì 6 novembre 2013

La voce del popolo: Gigi Magni

Complice il fatto che il suo ultimo film, La carbonara, uscì nel 2000 con così poche copie che sparì velocemente dalla circolazione, e la sua ultimissima opera, La notte di Pasquino, andata in onda su Canale 5 nel lontano 2003, è stata allegramente dimenticata negli archivi, di Luigi “Gigi” Magni non si ricordava più nessuno. Lui, classe 1928 e romano di Roma, era stato un validissimo sceneggiatore, prima nei Caroselli e poi nelle commedie di Giorgio Bianchi, Camillo Mastrocinque, Lattuada, Lizzani, autore anche, scusate se poco, di “Rugantino”, portato in scena per la prima volta nel 1962, poi regista di “genere”, come John Ford con il western, di grande, grandissimo successo. Era lo “storico” di Roma. Eppure, forse per questi motivi di invisibilità e il fatto che noi italiani abbiamo la memoria storica che scade dopo mezz’ora, l'addio al regista Luigi Magni è stato molto sottotono, senza ricevere i grandi onori e gli applausi che i Grandi sono soliti ricevere quando schiattano. Insomma, Magni ce lo siamo filati davvero poco. Ed è stata una cosa che mi ha colpito tantissimo. Francamente, Magni avrebbe meritato negozi chiusi e giù i cappelli. Come genere, scelse la storia di Roma perché, persona intelligente e coltissima, capì che era il metodo più azzeccato a raccontare la storia recente. Come intellettuale, Magni era diretto e senza retorica. Amavo leggere le sue interviste. Tre brani che ho raccolto.

Ricorda così l'amico Armando Trovajoli: "Durante la lavorazione de La Tosca. Monica Vitti non aveva una grande voce. Così un giorno, durante una registrazione, si bloccò e rivolgendosi al musicista disse, "Armà, hai scritto una canzone con tonalità che mi si addicono, hai sbagliato". Trovajoli, in preda alla rabbia, si tolse gli occhiali, li sbattè per terra e li calpestò con i piedi, distruggendoli. Sennonché, gli occhiali erano d'oro e lui ancora sta a piagne".
Sul montatore Ruggero Mastroianni, fratello di Marcello, che gli fece da attore in Scipione detto anche l'Africano, "Il cast non brillava per allegria. [Marcello] Mastroianni era stato appena mollato da Faye Dunaway, Gassman era reduce da una malattia al fegato, la Mangano se ne stava sempre da una parte, silenziosa. Situazione decisamente morta. Ruggero gli sbottò, "Che stai a fa' i sepolcri?". Oppure, ricordando le scelte di cast del suo più grande successo, Nell'anno del Signore (1969): "Sordi non voleva accettare il ruolo del frate, perché sosteneva che anziché condannarli, i due patrioti si sarebbero dovuti pentire prima di condannarli alla ghigliottina. E Magni, "Ma che cazzo stai a dì? Se quelli se pentono famo n'antro film", ma Sordi era irremovibile, credeva che così avrebbero mandato all'inferno i due carbonari. "Te quanno mori nun ce voi annà in paradiso?", lo ammonì, ma niente, Magni se la rideva, ricevendo calci negli stinchi sotto il tavolo da Bino Cicogna per invitarlo ad essere più conciliante".
Un ricordo personale, una domenica pomeriggio di qualche anno fa camminavo con un amico a Via del Corso, dove lui abitava praticamente sopra il cinema Metropolitan, e lo intravidi camminare con sua moglie. Un ragazzotto gli gridò, "A' Giggi Magniiii", e lui si girò compiaciuto, aumentando però il passo per sfuggirgli, quando il ragazzo disse all'amico che gli stava accanto, "Ahò quello è Magni, quello che ha fatto i Pierini". Sentendo questa cazzata enorme mi fermai e gli dissi, "Eh no, lui ha fatto grandi film su Roma, vediti In nome del Papa Re, ma quale Pierini!". Magni si girò e disse tranquillo, "Ecco diglielo quello che ho fatto". Si girò tornando sulla sua strada e disse, "A sto' stronzo". 
L'amico e collega Gigi Proietti ha commentato così la romanità di Magni, "Non era un autore romano, è riduttivo. Conosceva benissimo la storia della città, i segreti delle strade, ma non era il tipo da serenata "Roma te vojo bene": era un intellettuale preoccupato dei problemi della città, immerso nel suo tempo". 

venerdì 25 ottobre 2013

Addio al commissario Zuzzurro

A volte alcune coincidenze fanno davvero male al cuore, ma avevo letto qualche giorno fa una intervista ad Andrea Brambilla dove dichiarava di voler sconfiggere il tumore che lo ha stroncato ieri, all'età di 67 anni, portando in scena l'ultimo spettacolo con la sua metà artistica, Nino Formicola, in arte Gaspare. La lotta al Male con l'arma più forte, la risata. E loro di risate se ne intendevano bene, maestri del cabaret, provenienti da quel mondo caotico che fu il Derby Club Cabaret, palestra di talenti che in breve tempo diventarono colonne della televisione e del cinema. Zuzzurro e Gaspare, una coppia nata nel 1976 al Derby e portata in tv un paio di anni dopo nella storica - e rivoluzionaria - tramissione "Non Stop"; dalla RAI (La Sberla, Domenica In) passarono alla neonata Antenna 3 assieme a Massimo Boldi e Teo Teocoli nel programma Non lo sapessi ma lo so, e poi consacrati in Drive In, dal 1983, reti Fininvest. Fermiamoci un attimo qui. Mi sono venuti i brividi al pensiero che il commissario mezzo suonato, dai capelli allucinanti e verso il Nord, messo alle strette dalle spiegazioni - cosa spiegava? nulla, ma spiegava - del suo compare Gaspare, pettinato a "leccata", sbottava con "ce l'ho qui la brioche!", non c'è più. Come tutti i personaggi che hanno accompagnato la mia infanzia - negli anni '80 - loro erano nel mio cuore, primo perché erano davvero bravi, e divertenti, a me facevano cadere dalla sedia e una volta che la televisione decise che non c'era più posto per loro (eppure a scuola, durante le elementari, tutti a vedere Emilio per cantare la sigla in classe) fecero la scelta intelligente del teatro (Andy e Norman, La strana coppia, Rumori fuori scena, li ho visti tutti). Al cinema hanno fatto qualche breve passaggio - I miei più cari amici (1998), di Alessandro Benvenuti, il loro lavoro migliore, anche se per la cinepresa erano troppo verbosi - ma è sul palcoscenico che sono stati davvero maestri. Ed è amaro parlare al passato di Zuzzurro e Gaspare, quando poi Nino è ancora vivo ma, come spesso accade con le coppie comiche, di quelle indissolubili come la loro, il capitolo si chiude per entrambi. In quella intervista, Zuzzurro aveva detto, "Perché dovrei smettere di far ridere la gente?". E infatti non ha smesso neanche ora, mentre rivediamo gli sketch che fecero grande la coppia Zuzzurro e Gaspare.

venerdì 11 ottobre 2013

Nato col botto

Rovistando su alcuni vecchi numeri di "Rolling Stone" che ho in casa ho ritrovato questa pubblicità o meglio campagna di abbonamenti datata 1979. Solo 30 secondi...per ordinare Rolling Stone, recita la faccia di gomma di Steve Martin. Il post precedente raccontava a sommi capi la lunga e straordinaria carriera di un grande comico come Martin è stato e lo sarà ancora per molto tempo - e come sempre suggerisco, il modo migliore per conoscere la storia e l'importanza di un'artista è quello di tuffarsi a bomba nella sua opera. Trattandosi di un comico, la nuotata non può che essere piacevole. Come tutte le Star comiche degli anni '70 e '80, anche Martin è stato messo a fuoco dalle grandi penne del Rolling Stone, e leggendo la sua autobiografia, Nato col botto (uscito in Italia per Excelsior1881 editore), ritrovo con vero interesse le parole che David Felton scrisse su di lui nel 1977. Con vera ammirazione, scriveva che "Rompe le barriere, ci fa vedere il comico in tutti noi. In altre parole, Steve Martin è una luce, una sorgente, una fonte di ispirazione e leader". Ma forse la descrizione migliore dei suoi spettacoli di quel periodo è in quest'altro paragrafo: "Questa non è comicità: è una serata attorno al fuoco per gente che condivide qualcosa. Una risata contagiosa fra fuori di testa. Una visita a Disneyland sotto l'azione dell'LSD". Be? Cosa aspettate ancora per abbonarvi?

domenica 6 ottobre 2013

Il tizio pazzo e selvaggio avrà il suo Oscar



Notizia di qualche settimana fa - ammetto di non darvele fresche di giornata, ultimamente - l'Academy (pronti a dirlo tutto d'un fiato?),  l'Academy of Motion Picture Arts and Sciences, insomma quelli che decidono i premi Oscar, consegneranno tre statuette speciali per le carriere di tre persone che si sono distinte nell'arte, nel cinema... Insomma, tre Oscar alla Carriera. Per gli atti umanitari, ad Angelina Jolie, per aver risolto molti casi di omicidio la famosa jettatrice Angela Lansbury, e, ma guarda un comico, Steve Martin. Motivazione? Perché Steve Martin è molto vicino a quello che è un santone della comicità. Okay, il premio che gli sarà dato è differente al solito Oscar, si chiama Governors Awards e la cerimonia non sarà quella che segue tutto il mondo ma una cena fra intimi e colleghi, il prossimo 16 novembre - ma è pur sempre un tizio nudo che si copre con una spada, un Oscar, e Martin, all'età di 68 anni, ancora in forma nonostante il botulino, rientra in quella categoria che raramente è stata premiata. L'altra sera, ospite da David Letterman, ha ribadito questo mentre ironicamente il presentatore gli ricordava molti comici premiati - Chaplin, Allen, Benigni - ma sta di fatto che generalmente sono evitati come la peste. E quindi evviva per l'Oscar alla Carriera per Martin.
E che carriera è stata quella di Steve Martin? Lunga, faticosa ma che ha raccolto molti frutti. E', indubbiamente, fra le persone che hanno rivoluzionato la comicità americana negli anni '70, portandola a vette surreali e al limite della follia - non a caso è stato spesso ospite dell'altra banda di matti che pesantamente si imposero nel panorama come vere rockstar, il Saturday Night Live (memorabili alcuni sketch con Bill Murray, John Belushi e sopratutto con Dan Aykroyd, che insieme crearono il numero dei due fratelli polacchi, i Festrunk Brothers!), e per quanto molto bravo nella comicità verbale, Martin è stato un pionere dello stand-up comedian presentandosi come il tipo pazzo e selvaggio con molte gag visive: sul palcoscenico sembrava pronto a saltare in aria. Fra i suoi meriti, quello di invitare i Blues Brothers ad aprire un suo spettacolo nel 1978 - regalando loro un successo enorme tanto che il live della serata registrato su disco venderà tre milioni di copie, Briefcase Full of Blues. Martin nacque anzitutto come apprendista mago, e nel parco Disneyland della Florida iniziò la sua carriera facendo, ancora ragazzino, i suoi numeri per i turisti. Scrittore comico per quel monumento di satira televisiva che fu The Smothers Brothers Comedy Hour, cominciò a fare numerose apparizioni nei programmi di Steve Allen, Johnny Carson, il già citato SNL, il Muppet Show, per poi sbarcare nel cinema. Abituato ad anni di solitario lavoro nello stand-up, Martin sposerà il mondo del cinema, fatto di collaborazioni e lavoro di squadra, e il suo "coach" fu Carl Reiner: primo film, The Jerk (Lo Straccione, 1979), oggi conservato dall'American Film Institute.
Con Reiner - che prima di essere regista era stato comico e scrittore - realizzò altri tre film, Dead Men Don't Wear Plaid (Il mistero del cadavere scomparso).nel 1982, The Man with Two Brains (Ho perso la testa per un cervello) nel 1983 e All of Me (Ho sposato un fantasma) ne 1984. In seguito Martin realizza I Tre amigos! (1986) con Chevy Chase e Martin Short, regia di John Landis, e, nel 1987, due gioielli, Roxanne e Planes, Trains & Automobiles (Un biglietto in due), in coppia con il grande John Candy. Basterebbe questa lista per un Oscar. Continuo? Il padre della sposa (1991), Parenti, amici e tanti guai (1988), Moglie a sorpresa (1992) - dove fa coppia con un'altra matta, ma bravissima, Goldie Hawn, poi scelgo altri titoli fra i miei preferiti, Bowfinger (1999), divertente regia di Frank Oz, in coppia con Eddie Murphy, fino a quell'azzardato confronto con Peter Sellers con due film della Pantera Rosa. Alle spalle ha ben cinque special televisivi (uno, Steve Martin's Best Show Ever, del 1981, ha praticamente tutto il mondo della comicità di quel periodo), ha avuto l'onore di aprire uno special sui Monty Python in occasione dei venti anni dalla fondazione, Parrot Sketch Not Included (1989), tristemente noto perché Graham Chapman, uno dei Python, morì prima che la trasmissione andasse in onda. Ha vinto tre dischi di platino per i suoi live nel 1977-79 - ma oggi al massimo incide musica, con il suo strumento preferito, il banjo. Da Letterman ha commentato così il suo Oscar alla carriera, "Inutile dire quanto la cosa mi commuovi. La cosa più bella è che non puoi neanche perdere! Non c'è la scena... "E il vincitore...non sei tu!"..
Chiudo il post ricordando una scena che da bambino - e ancora oggi - mi fa morire dal ridere e proviene dal film Un biglietto in due. Ricordate la scena che guidano di notte contromano, senza rendersene conto? Quella scena l'ho ritrovata citata persino in una puntata de i "Griffin", ma Candy che diventa, nel terrore di Martin, il Diavolo in persona è da premio Oscar. E, per una volta, siamo stati bravi a darglielo in vita.
(Nota finale sui doppiatori italiani: Michele Kalamera e Cesare Barbetti sono state le voci migliori di Steve Martin; ma è stato doppiato con effetti davvero curiosi da Marco Mete, Oreste Rizzini, Carlo Valli, Elio Pandolfi)









































domenica 25 agosto 2013

L'uomo che fissava i sequel

Seth MacFarlane e Mark Wahlberg allo Spike TV's Guys Choice 2013
Come è noto, le informazioni cinematografiche corrono sui social network. Che serve spulciare Variety o Hollywood Reporter, quando Seth MacFarlane parla solo tramite twitter? Dopo quattro mesi di riprese, il papà dei "Griffin" ha concluso il suo western comico e ieri ha twittato: "Diving into editing for A Million Ways to Die in the West -- roughly 215 hours of footage to go through. I'll tweet again after Christmas". Con il solito spirito, Seth ha annunciato di dover affrontare il montaggio del film con a disposizione oltre duecento ore di girato - attenderemo natale per il prossimo tweet..?
Il 16 agosto aveva scritto "Finalmente torno a Los Angeles dopo 4 mesi di riprese nel deserto. Mi sento come Tom Hanks alla fine di Castaway, tranne per quelle stronzate di Wilson". Protagonisti lo stesso MacFarlane, Liam Neeson, Giovanni Ribisi, Charlize Theron e Amanda Seyfried. E il 14 agosto si lascia sfuggire una informazione molto interessante: entro la Pasqua del 2015 uscirà il seguito di Ted, il film con protagonista Mark Wahlberg che ha incassato mezzo miliardo di dollari in tutto il mondo; lo stesso Wahlbergin televisione aveva dichiarato che nel maggio prossimo inizieranno le riprese di Ted 2, seguito inevitabile dopo il successo ottenuto.
Sono preoccupato invece che un altro sequel sta andando velocemente in porto, tanto che a settembre inizieranno le riprese del secondo Scemo & più Scemo con Jim Carrey e Jeff Daniels. Accidenti, ma che sta succedendo a Carrey? Mentre scrivo è nelle sale italiane il film Kick Ass 2 (non ancora visto ma mi dicono essere molto divertente, specie il personaggio di Jim), dal quale Carrey ha preso le distanze a riprese terminate perché pentito dalla violenza del soggetto, mentre The Incredible Burt Wonderstone, il film comico sulla sfida fra maghi con Steve Carell e Steve Buscemi e lo stesso Carrey, sta andando maluccio nelle sale americane e non riesce a trovare una data in Italia. Nel frattempo si è concesso un cammeo nel film Anchorman 2: The Legend Continues, con Will Ferrell, sequel - un altro - del film Anchorman - La leggenda di Ron Burgundy (2004). Ora i Fratelli Farrelly sono riusciti a convincere la Universal - dopo che la Warner Bros si è dileguata - a produrre il seguito del film del 1994 e che contribuì al successo della stella nascente Carrey; non a caso dopo l'uscita del film si concesse una parte nell'orribile Batman Forever e girò il seguito di Ace Ventura, ma poi si diresse verso commedie di tutt'altro stampo: mollò le parrucche per Il rompiscatole, Bugiardo bugiardo, The Truman Show, Man on the Moon, Io, me & Irene. Insomma vi devo per forza ricordare perché Carrey è considerato uno dei maggiori talenti emersi negli ultimi vent'anni? Genio comico e attore formidabile, un giorno studieremo con quale criterio abbia deciso di girare I pinguini di Mr. Popper, una doccia di miele insopportabile ambientata a Natale ma uscita ad agosto, sfracellandosi al botteghino senza molto successo. Indubbiamente Carrey è noto per il coraggio delle sue scelte, anche recenti - una su tutte I Love You Phillip Morris, nel 2010, che difese con i denti e rischiò di non uscire nelle sale per la tematica gay e alcune scene di sesso - ma questa di fare il seguito di Scemo & più Scemo mi lascia perplesso. E come registi i Farrelly sono terribilmente discontinui - e Gesù ha già deciso, andranno all'inferno per aver fatto Libera uscita (2011) e The Three Stooges - quindi perché imbarcarsi in questa avventura? E possibile che nessuno ricordi che film cretino fosse? Comunque, Dumb and Dumber To, titolo del sequel, uscirà nell'estate 2014.

sabato 24 agosto 2013

Monsters University: recensione fuori corso

Un amico che l'aveva visto alle anteprime mi aveva detto, "E' come Animal House edulcorato. Senza Belushi". La piccola folla che ieri sera si è data appuntamento al cinema per vedere Monsters University, prequel del film Monsters & Co., era per lo più composta da non più ragazzini: eravamo un centinaio di trentenni più un paio di mocciosi, ignari dell'emozione di ritrovare due vecchi amici della infanzia o della adolescenza passata. Insomma, ritrovare Mike e Sully dopo tanti anni ha fatto un effetto di nostalgia particolare. Dodici anni sono passati dalla prima avventura. Monsters & Co è, indiscutibilmente, uno dei capolavori assoluti della Pixar, per animazione, ritmo, gag e poesia, un gioiello assoluto che era difficile ripetere e per ritrovare questi simpaticissimi personaggi la Pixar, affiliata con la Disney, c'ha messo un po' di anni per trovare la storia adatta. Dal 2005, per essere esatti, anche se il vero progetto è partito ufficialmente tre anni fa: la scelta è stata quella di fare un prequel, cioè di raccontare l'incontro fra questi due mostri così diversi ma molto amici, uno, l'enorme e spaventoso quanto buffo Sully, nato per spaventare i bambini, le cui urla sono fondamentali per acquisire l'energia necessaria per la città di Mostropoli, e l'altro, Mike, piccolo tondo e con un occhio solo, grande stratega e spalla del suo migliore amico. La scelta della storia sembra essere stata una pecca per qualche appassionato: alla fine, la Pixar ormai sempre di più disneyana ha scelto la storia più semplice, se vogliamo più scontata, e inserisce i "giovani" mostri in una storia collegiale, con tutti gli ingredienti del caso - il rettore, anzi la rettore, che mette timore e poi si ricrede sugli studenti meno capaci, la congrega di spacconi che alla fine fa una pessima figura, e ovviamente la squadra di simpaticissimi perdenti che ce la mette tutta e, forse, avrà l'occasione di una vita. E' anche vero che nella seconda parte la storia prende una piega meno scontata ma che si allaccia perfettamente alla storia successiva - anche se realizzata prima, cioè proprio Monsters & Co - e alla base di tutto questo c'è da chiedersi se veramente la Pixar sarà in grado di tornare ai livelli dei film migliori (l'ultimo capolavoro è Toy Story 3) e di scrollarsi dalla legge del marketing (anche se i prossimi film smentiscono tutto: preparatevi al finto Cars con gli aeroplani al posto delle macchine ed al film con i dinosauri ..). 
Tolta però ogni premessa e con l'inutile pretesa del capolavoro ad ogni opera Pixar/Disney, questo Monsters University l'abbiamo visto senza farci troppe domande e nei titoli di coda ci faceva male un lato del fianco: abbiamo riso moltissimo. Io mi fermerei qua. Perché penso sia la recensione migliore per un film d'animazione - tecnicamente sempre più sorprendente - di genere comico: fa molto ridere. Ma questa non è una recensione migliore: le gag sono tutte meccaniche, senza spontaneità, e ti ritrovi a ridere dove loro dicono che si deve ridere. Le vere sorprese comiche sono così veloci che rischi di dimenticarle - ed alcune le avevamo viste nel trailer... - come il giocatore mostro di football grosso come un palazzo che trascina tutte e due le squadre verso la meta, o le gag della mamma del piccolo mostro Scott (detto Soufflé: troppo somigliante allo scout di Up), esilarante quando fa il bucato durante la cerimonia della loro confraternita, gli OK, o quella inquietante dove si chiude nella macchina con la musica metallica a tutto volume.
Fortunatamente alcune citazioni del primo film non sono telefonate e ci sono piaciute tutte (plauso speciale a Loretta Goggi, che dopo dodici anni presta nuovamente la voce a Roz, responsabile dell'archivio ma in realtà capo della CDA), eccetto una: Yeti, l'abominevole uomo delle nevi. E' una citazione furba: fa molto ridere rivederlo con la cravatta ma il pubblico dimentica che nel primo film, che ricordo segue gli eventi del prequel, Mike e Sully lo conoscono per la prima volta sulle montagne. E allora far vedere che ha un passato nella Monsters potrebbe essere stato un errore o uno scherzo. Ad ogni modo: piacevole da guardare, le risate arrivano puntuali, ritmo costante, storia un po' scontata, stavolta si divertono più i bambini che, come succedeva in Monsters & Co., quegli adulti che nel 2001 uscirono dalla sala strabiliati da un capolavoro irraggiungibile.

Infine, siccome vi ho stremati, concludo dicendo che è stata un'ottima edizione italiana: oltre alla già citata Goggi, sono bravissimi Sandro Acerbo (Mike, che prende posto dal compianto Tonino Accolla), Saverio Indrio (Sully, al posto di Adalberto Maria Merli), Rita Savagnone (il rettore Tritamarmo), Marco Mete (il venditore Don Carlton), Paolo Vivio (Art) e due sorprese, Francesco Mandelli e Fabrizio Biggio, i due soliti idioti (nella parte di Terri Perry e..Terry Perry, mostro con un corpo e due teste).

martedì 20 agosto 2013

The Monuments Men, il nuovo film di Clooney

"Otto improbabili eroi salveranno la storia" è la frase di lancio del prossimo film di George Clooney, The Monuments Men, alla sua quinta regia. Il primo trailer del film in uscita nel prossimo dicembre - in Italia a gennaio 2014 - sembra essere davvero interessante. Tratto da una storia vera ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale, quella di otto improbabili soldati mandati a recuperare le opere d'arte rubate da Hitler, ha un cast pazzesco: lo stesso Clooney e Cate Blanchett, Paul Giamatti, Matt Damon, Bill Murray, John Goodman e Jean Dujardin. Il tono sembra essere meno serio - anche perché il "team" è composto da direttori di musei, curatori, storici dell’arte, e non proprio uomini di guerra - e il messaggio accattivante: può la salvezza dell’arte essere equiparata alla salvezza delle persone in tempo di guerra? La risposta è in una frase presente nel trailer, "Se distruggi la cultura di un'intera generazione...è come se non fossero mai esistiti. Questo è quello che vuole Hitler".
Questa la sinossi ufficiale: tratto dalla storia vera della più grande caccia al tesoro della Storia, The Monuments Men è un thriller d’azione su un improbabile plotone della Seconda Guerra Mondiale, incaricato da Roosevelt di andare in Germania a salvare capolavori dell’arte dai nazisti per ridarli ai loro padroni. Sembra una missione impossibile: l’arte è intrappolata dietro le linee nemiche, e l’armata tedesca è incaricata di distruggere tutto nel momento in cui il Terzo Reich sta cadendo; come possono questi tizi - sette fra direttori di musei, curatori, storici dell’arte, più a loro agio con Michelangelo che con gli M-1 - pensare di vincere? Ma nel momento in cui i Monuments Man, come venivano chiamati, si trovano in una corsa contro il tempo per impedire la distruzione di 1000 anni di cultura, rischieranno le loro vite per proteggere e difendere i più grandi traguardi della Storia dell’uomo.

mercoledì 17 luglio 2013

Cerami, braccio e mente

E' morto oggi Vincenzo Cerami, uno tra i più grandi sceneggiatori del cinema italiano. La sua collaborazione con Roberto Benigni toccò il suo vertice con La vita è bella, ma non solo: entrambi cultori ed appassionati di cinema comico classico, inserirono molte gag fisiche. L'ispirazione? Chaplin, Keaton e ovviamente Laurel e Hardy. Non nascose mai la sua passione verso la coppia: qui troverete il ricordo del blog di Stanlio e Ollio che riporta un bell'articolo che scrisse Cerami sulla coppia nel 2002.

domenica 14 luglio 2013

Hulot va in vacanza

" Confusione è la parola della nostra epoca"  (Tati).
Fate uno sforzo, dedicatevi un pomeriggio a cercarvi e guardare Le vacanze di Monsieur Hulot. Forse mi ringrazierete. Chi si ricorda oggi di Jacques Tati? Pochi purtroppo. Era l'erede della comicità slapstick, quella dei Buster Keaton, dei Chaplin (di cui possedeva credo la poesia), ma anche di Stanlio e Ollio. Francese, alto e grande mimo della solitudine, era molto pignolo nella realizzazione dei suoi film, ecco perché nella sua filmografia ne troverete solo cinque e tutti girati con un grande lasso di tempo l'uno dall'altro. Bianco e nero, francese, riuscirete a sopportarlo? Fatelo. Forse lo amerete. Nel 1953, Tati faceva un personaggio molto silenzioso e combina guai perché era un pesce fuor d'acqua: fuori dalla modernità, dal trambusto della città e delle nuove tecnologie, costruiva la gag per esplodere più volte. Suggeriva che noi siamo finiti in un girone dantesco dal quale non troviamo l'uscita d'emergenza. Inizia alla stazione, dove un gruppo di villeggianti segue come un gregge impazzito le indicazioni di un altoparlante poco chiaro, così ecco che corrono alla banchina 2 e il treno arriva alla 1° banchina. Poi arriva al villaggio vacanze, noioso come molti erano all'epoca, tutti uguali. Tati, anzi Hulot, arrivava come un ciclone, che svegliava la noia mettendo un disco jazz nel mezzo della notte. La sua goffaggine si ritorceva contro l'aria piatta degli ospiti. Durante una gita, la ruota di scorta della sua macchina si stacca e finisce dentro un cimitero. La gomma s'incolla a delle foglie trasformandosi in una corona di fiori. Rotola fino ad un funerale. Hulot la raccoglie e viene scambiato per un familiare, così tutti passano da lui per le condoglianze.. Un film leggero. Ma divertente. Ne uscirete amari, come Hulot che se ne va nel silenzio antipatico di chi non lo ha capito. Com'è successo al vero Tati, morto in miseria.

giovedì 4 luglio 2013

La fine del mondo secondo Pegg & Frost

Shaun of the Dead, 2004
Unendo i loro nomi come se fossero una coppia comica, alla Laurel e Hardy, i due attori inglesi Simon Pegg e Nick Frost potrebbero non venirvi in mente. Ma se vi dicessi che sono i due de L'alba dei morti dementi e di Hot Fuzz, ecco che balzate dalla sedia, gettate il vostro bicchiere di brandy nel camino e gridate, "Sono loro!!". Esatto, e finalmente tornano al cinema. Prendete un nuovo bicchiere e ascoltatemi..
Mr. Pegg e Mr. Frost si sono conosciuti un pò di anni fa, da brava coppia comica sono anche amici nella vita e praticamente soci di penna e cinepresa. Il loro primo lavoro fu televisivo, nella serie - durata due stagioni - Spaced (1999-2001), regia di Edward Wright, altro complice di queste due pesti di tutti i loro lavori in team
The World's End, 2013
Seguirono al cinema L'alba dei morti dementi - gioiello horror comico anche sentimentale datato 2004 - e Hot Fuzz, mezza presa in giro dei film polizieschi hollywoodiani con tipico umorismo british, divertente anche se con qualche lungaggine, datata 2007, e un semi flop, Paul, stavolta diretto da Greg Mottola nel 2011 (a mio parere, rovinato dal doppiaggio italiano - ma perché Elio come alieno, perché??). Tutti i loro film comunque sono caratterizzati da amore cinefilo e una certa intelligenza umoristica: insomma, è come se due nerd potenzialmente divertenti avessero occasione di girare i loro film. Così è.
Pegg, oltre ad aver interpretato Star Trek nel 2009 (e spaziando nel doppiaggio: Cronache di Narnia, L'era glaciale 3, Le avventure di Tintin etc.) e Mission Impossible - protocollo fantasma nel 2011, è stato interprete di un film molto divertente, se vi capitasse non perdete occasione di gustarvelo: Star System - se non ci sei non esisti (2008), ovvero quando il cinema inglese prende per il culo il divismo americano. Well, ora Pegg torna in coppia con Frost con un film in uscita nei cinema inglesi il prossimo 19 luglio. The World's End.

Terzo film della "Trilogia del Cornetto" (chiamata così per le continue scene dove i protagonisti mangiano un cornetto Algida), la trama descrive bene che tipo di squadra possa essere questa della ditta "Pegg&Frost" (tra l'altro squadra vincente non cambia: stesso cast, stessi tecnici): quattro amici d'infanzia si incontrano venti anni dopo e decidono di riprendere una vecchia gara di birre nei pub della loro città natale - ed esiste persino un termine preciso, pub crawl, vedete su wikipedia - ma questa loro rimpatriata viene disturbata da una non prevista invasione aliena. Ecco, 4 deficenti bevono birra e si ritrovano l'invasione. Sicuramente, la birra diventerà l'ultimo dei loro problemi.
La fine del mondo è la traduzione letterale del pub ultima tappa del loro tour alcolico. Un omonimo locale è nel quartiere Camden Town di Londra: quando vivevo in quella zona, nel 2007, andavo spesso in quel pub; costruito nel 1690, mantiene gli stessi cessi dell'epoca.
Il film uscirà in Italia il prossimo 26 settembre. 
AGGIORNAMENTO: questo il trailer in italiano:


mercoledì 19 giugno 2013

Domani a Roma omaggio ad Alberto Sordi

Romani! Cinefili e cinofoli, Sordiani D.O.C., non potete perdervi la giornata dedicata al grande Alberto Sordi, a dieci anni dalla scomparsa, organizzata dalla Scuola di Cinema "Zavattini" e dall'Irtem, in collaborazione con l'associazione internazionale "Figli del Deserto", il club di Stanlio e Ollio; un programma molto ricco ed interessante, centrato sulla carriera iniziale di Sordi - i primi ruoli, il doppiatore, il cantante, la rivista e la radio - e sul suo rapporto con la città dove nacque nel 1920 (devo dirvi quale? ma scherzate?). L'occasione sarà unica anche per i fan di Stanlio e Ollio: sarà proiettato, come parte finale della giornata, una copia restaurata del rarissimo film di montaggio Fuori da quelle Muraglie, uscito nel 1946 e sopravissuto in poche copie (una di queste appartiene al grande Lino Patruno, colonna del cabaret italiano - ricordate i Gufi? - e del jazz internazionale; è sopratutto un appassionato di prima categoria, di quelli che collezionano le pellicole in 16mm), ricostruito con allucinante bravura dal presidente della gabbia di matti Benedetto "Enciclopedia" Gemma. Volete sapere quando? Domani, 20 giugno, dalle 15 alle 22 (finché non ci cacciano, insomma), Via Ostiense 106, ex Sede ACEA e Musei Capitolini (Metro B, Garbatella). Volete sapere cosa? Leggete qui, dal blog del club di Stan e Babe: fra gli ospiti, Giancarlo Governi, Giandomenico Curi, Stefano Cacciagrano (che parlerà del Sordi in tv), Lino Patruno, dirige la giornata Enzopio Pignatiello, infaticabile organizzatore, ma sopratutto appassionato. Insieme, abbiamo realizzato un libro (che sarà gratuitamente distribuito ai presenti) che oltre a raccogliere una filmografia completa di Sordi e note biografiche, è di fatto il catalogo della Mostra di Caricature (accidenti, bellissime) fatte dal mio amico Luca "Liuk" Mauli, direttamente da Bologna. Prendete le ferie, licenziatevi, chiamate la baby-sitter, che ve siete messi in testa ahò?

sabato 1 giugno 2013

Il ricordo di Leslie Nielsen, un comico spuntato

Nel momento in cui sto scrivendo, in tv sta passando l'ennesima replica de La pallottola spuntata. E', ormai, un classico assoluto. E miei pensieri vanno quando, tre anni fa, morì il comico sbagliato. A partire dagli anni Ottanta, Leslie Nielsen è stato uno dei comici più amati, piuttosto analogo se pensate che Nielsen, nativo in Canada l’11 febbraio 1926, ha iniziato la sua lunghissima carriera in una categoria di film tutt’altro che comici. Lo storico Tenente Frank Drebin ha lasciato un vuoto incredibile, con lo stesso dispiacere di quando perdiamo uno zio divertente, magari tutto serio all’inizio e poi esplosivo alla fine, con la goliardia di quel tipo di attore brillante che non è comico, ma pensa in quella maniera. Verso la fine, aveva perso un po’ di smalto interpretando parodie un po’ troppo pesanti, ma rimarrà nella storia del cinema con quel frammento che è Naked Gun (La pallottola spuntata, 1988), fucilate di gag irresistibili divise in tre film che tutti noi abbiamo visto chissà quante volte. In più, Nielsen aveva partecipato, nella sua prima incursione comica, il capolavoro Airplane! (L’aereo più pazzo del mondo, 1980): se c’era una cosa veramente divertente, era vederlo così serio in un delirio tale che rivelò il suo talento nelle gag impossibili. Era perfetto per il demenziale.
La serie poliziesca era basata sulla serie tv Police Squad! della premiata ditta “Zucker, Abrahams & Zucker”, che morì dopo sei episodi nel 1982. Nielsen sembrava nato per quel ruolo. 
Come si è detto, ben prima di questa serie era uno degli attori più quotati per i grandi film drammatici. Nipote di un attore del cinema muto, Jean Hersholt, Nielsen ha trascorso gran parte della sua infanzia a Fort Norman, quando suo padre era di stanza lì con la Royal Canadian Mounted Police. A 17 anni venne arruolato nella Royal Canadian Air Force, ma era troppo giovane per essere addestrato e inviato al fronte. In seguito, lavorò alla radio, si trasferì a New York per studiare teatro, frequentò l’Actors Studio per poi debuttare in televisione, nel 1948, in un episodio della serie drammatica Westinghouse Studio One, della CBS (ruolo che gli venne pagato 75 dollari).
Dopo diversi lavori televisivi – soprattutto di speaker per documentari, grazie alla sua splendida voce da basso – debutta nel cinema con The Vagabond King (Il re vagabondo, 1956), operetta musicale diretta da Michael Curtiz. Nielsen ricordò il grande regista americano come “Un sadico, un sadico affascinante, ma un sadico”. Nonostante lo scarso successo, fu il suo ruolo nel film fantascientifico Forbidden Planet (Il pianeta proibito, 1956) a dargli la prima occasione della sua vita, tanto che la MGM lo scritturò con un contratto a lungo termine. Seguirono tra i tanti, Sesso debole? (1956), Una calda notte d'estate (1957) e La legge del più forte (1958). Nell’arco della sua carriera, Nielsen è apparso in oltre 100 film e 1.500 programmi televisivi, in oltre 220 personaggi. 
La svolta comica come si è scritto è avvenuta con il film Airplane!, dove il suo atteggiamento impassibile si scontrava  con l’assurdità continua delle situazioni. Rimarrà nella storia lo scambio di battute: “Certamente non puoi essere serio!” e lui, “Sono serio… e non chiamarmi Shirley”.
Il personaggio del Tenente Drebin era la parodia del poliziotto televisivo; fallito il lancio in tv, nel cinema funzionò perfettamente tanto che rilanciò la stella di Leslie Nielsen come comico. Ha anche girato un film da noi che non voglio citare. Alla fine della sua carriera, ripeté il ruolo del pasticcione, fallendo qua (Mr. Magoo, 1997), vincendo là (Spia e lascia spiare, 1996), ma sempre con la classe di chi come lui poteva permettersi di prendere per il culo il genere serio.