mercoledì 20 novembre 2013

I Monty Python in un nuovo spettacolo?

Non sono morti. Stavano solo riposando. E da quando uno di loro è andato all'inferno, sono per la stampa "I sopravvissuti".
Il circo tornerà presto in città. Anzi, il circo volante, il Flying Circus che cambiò la comicità alla fine degli Sessanta, i cui componenti, sei laureati inglesi eccetto uno che è americano e completamente pazzo, amavano farsi chiamare Monty Python. Oggi ne sono sopravvissuti solo cinque, uno si ostina a dire che è morto nel 1989, hanno superato tutti i 70 anni, e l'ultima volta che hanno lavorato almeno ufficialmente risale al 1983, anno del film Monty Python - il Senso della vita (Palma d'Oro al Festival di Cannes). John Cleese, Eric Idle, Terry Gilliam, Michael Palin e Terry Jones hanno annunciato che fra due giorni si incontreranno per organizzare il loro tour teatrale dopo decenni dal loro ultimo "live" - a Hollywood, nel 1980-81 - e per dar segnale della veridicità della notizia, a turno hanno cliccato sui social network (Idle su twitter, Cleese su facebook) e spedito Terry Jones alla BBC che ha dichiarato, "spero che faremo un sacco di soldi così potrò pagare il mutuo". Quindi è vero, ci stanno provando a riunirsi in un'unica stanza - senza incidenti - e spremere le meningi per un nuovo spettacolo. La notizia sta facendo velocemente il giro del mondo perché per quanto sembrano essere invecchiati, ingrassati e rincoglioniti, i Python messi insieme fanno, o almeno facevano, un team comico formidabile. Tutti con una formazione artistica di gran rispetto - Oxford, Cambridge, quando le "recite" scolastiche erano prese terribilmente sul serio - ed esplosi come scrittori, attori, comici nei primi anni Sessanta, in quella satira che stava velocemente modificando l'umorismo inglese, già stravolto dal Goon Show (oh ragazzi, cercate su wikipedia perché non posso dirvi tutto!), si conobbero praticamente divisi a coppie e poi a trii negli studi della BBC: dei sei, il più noto alla fine del decennio del '60 era John Cleese, e quando la BBC gli propose uno show comico originale, si portò appresso Graham Chapman, con il quale aveva lavorato a teatro e in tv (spesso assieme a Marty Feldman), e Michael Palin, che a sua volta si portò con sé Idle, Jones e questo curioso e introverso ma geniale animatore americano, Terry Gilliam. Nel 1969, misero insieme l'idea del Monty Python Flying Circus. Dapprima spaventarono il pubblico, le vecchine, poi il loro umorismo dissacrante e provocatorio, geniale e davvero dirompente e innovativo, conquistò la Gran Bretagna, poi l'America. 
Poi i film, qualche tour teatrale, fino al 1983, quando ognuno di loro prese la propria strada, desiderosi di una carriera personale: ma già prima e durante quel periodo, ognuno era già volato sul proprio giardino (Cleese, per dirne uno, era quello che più desiderava scrollarsi di dosso quello che considerava un matrimonio forzato: spopolò senza eguali da solo, con la sitcom Fawlty Towers, nel 1975). Idle, nella autobiografia dei Python, aveva dichiarato che, ormai anziani, poteva andar bene rivedersi per raccontare il passato, ma rifare nuovi sketch era da vecchi coglioni. Sicuramente, Cleese non rifarà la camminata sciocca. Mentre scrivo, i cinque Python si avviano alla conferenza stampa con la quale presenteranno il nuovo show. Quando nel '98 si rividero ad Aspen, nell'entusiasmo generale si parlò di rifare uno spettacolo teatrale, forse un film, forse no, magari un seguito del "Sacro Graal" ambientato nelle Crociate, poi Gilliam e subito dopo Palin si mostrarono contrari. Lo scazzo durò qualche anno. Nel 2004, Idle produsse un adattamento del "Sacro Graal", intitolato "Spamalot", per le platee di tutto il mondo, con un successo clamoroso. I Python - meno Chapman, ancora deceduto - si mostrarono ancora insieme per i fotografi alla "prima". E li abbiamo rivisti di nuovo nella stessa stanza - eccetto Idle, via collegamento video - per promuovere il bluray del "Senso della vita", trent'anni dopo l'uscita di quell'incredibile film. E ora, lo stanno facendo davvero. 
Il mio entusiasmo è giustificato, credo. Chi mi conosce sa bene che adoro i Python da tempi non sospetti, nonostante in Italia siamo riusciti ad importarli nel peggiore dei modi: basti pensare che il loro film Monty Python and the Holy Grail (1975) arrivò nel 1976 semplicemente intitolato Monty Python e con un orribile doppiaggio fatto di dialetti italici, e solo nel 1983, con il Senso della Vita, complice il premio a Cannes, giungono nelle nostre sale, ironicamente quando il gruppo si stava ormai sciogliendo. E solo nel 1991 giungerà il geniale - e oggetto di polemiche molto accese, all'epoca - Life of Brian (1979), intitolato Brian di Nazareth, doppiato discretamente, bene accolto dal pubblico e freddamente dalla nostra critica. L'anno successivo, giunge anche E ora qualcosa di completamente diverso, del 1971, un divertente montaggio degli sketch migliori del loro Circo Volante. La serie, invece, vedrà la luce doppiata per l'home video, ma solo la prima stagione. Sottotitolata, l'intera serie di 45 episodi arriverà finalmente in dvd nel 2007. Poi esce il libro di Francesco Alò sulla loro storia e poi l'autobiografia, per mano della Sagoma Editore. Ora il mio scaffale sui Python sta per crollare, tanto il peso di libri, dvd, bluray e dischi. E farò di tutto per farlo cadere del tutto con i biglietti per il loro prossimo spettacolo. Perché è grazie ai Python che ho capito che bisogna vedere il lato positivo della vita.

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