venerdì 22 novembre 2013

I Python annunciano la data della rinascita

Uno in meno, ne rimangono cinque” è il dissacrante lancio dello spettacolo live che i Monty Python terranno – ieri l’annuncio – il prossimo 1 luglio 2014, alla 02 Arena di Londra. Nella conferenza stampa, diventata inevitabilmente un happening continuo, inclusa la presenza della storica partner femminile, Carole Cleveland (sicuramente invecchiata, ma conserva ancora bellissime gambe: come ha fatto?), quelle pesti anziane dei Monty Python hanno ribadito la voglia di esibirsi di nuovo, con materiale inedito e qualche riproposta degli sketch storici. L’artrosi ha sicuramente giocato ogni possibilità a John Cleese di rifare lo sketch delle Silly Walks (le Camminate Sciocche), ma hanno a disposizione un repertorio molto vasto, collaudato, che riproporranno in maniera inedita. Un po’ di gag, un po’ di sano vecchio sesso, ha detto Eric Idle, che sarà mai. Il teatro che si sono scelti è spaventoso: quasi ventimila i posti. I biglietti saranno disponibili dal prossimo lunedì 25 novembre ma tranquilli: i Python hanno già studiato la cosa per il resto del mondo che non potranno vederli dal vivo, registrando la serata in modo da poterla trasmettere in tv e venderla per l’home video. Insomma, ai Python servono i nostri soldi.
Ora che hanno attivato la stampa di tutto il mondo, e reso reale ciò che aspettavano i fan da oltre trent’anni, rimane qualche ragionevole dubbio. Anni fa, fu Michael Palin a rimaner perplesso per una eventuale rentrée del team, perché senza Graham Chapman, deceduto ventiquattro anni fa, i Python non sarebbero stati più gli stessi. Poi con l’età che incombe, la cosa stava diventando sempre di più improponibile. Ma il comedian non si abbatte così facilmente. Al massimo, qualcuno di loro morirà in scena o, nel caso di Terry Jones, si addormenterà nel bel mezzo di uno sketch. Io li adorerei comunque. E loro rimangono di una modernità assoluta: il loro spirito dell’assurdo e l’anarchia totale di ogni regola comica (come l’assenza della battuta finale negli sketch che facevano in tv) fa ancora ridere. La risposta a tutto questo l’avremo ovviamente il prossimo luglio.

mercoledì 20 novembre 2013

I Monty Python in un nuovo spettacolo?

Non sono morti. Stavano solo riposando. E da quando uno di loro è andato all'inferno, sono per la stampa "I sopravvissuti".
Il circo tornerà presto in città. Anzi, il circo volante, il Flying Circus che cambiò la comicità alla fine degli Sessanta, i cui componenti, sei laureati inglesi eccetto uno che è americano e completamente pazzo, amavano farsi chiamare Monty Python. Oggi ne sono sopravvissuti solo cinque, uno si ostina a dire che è morto nel 1989, hanno superato tutti i 70 anni, e l'ultima volta che hanno lavorato almeno ufficialmente risale al 1983, anno del film Monty Python - il Senso della vita (Palma d'Oro al Festival di Cannes). John Cleese, Eric Idle, Terry Gilliam, Michael Palin e Terry Jones hanno annunciato che fra due giorni si incontreranno per organizzare il loro tour teatrale dopo decenni dal loro ultimo "live" - a Hollywood, nel 1980-81 - e per dar segnale della veridicità della notizia, a turno hanno cliccato sui social network (Idle su twitter, Cleese su facebook) e spedito Terry Jones alla BBC che ha dichiarato, "spero che faremo un sacco di soldi così potrò pagare il mutuo". Quindi è vero, ci stanno provando a riunirsi in un'unica stanza - senza incidenti - e spremere le meningi per un nuovo spettacolo. La notizia sta facendo velocemente il giro del mondo perché per quanto sembrano essere invecchiati, ingrassati e rincoglioniti, i Python messi insieme fanno, o almeno facevano, un team comico formidabile. Tutti con una formazione artistica di gran rispetto - Oxford, Cambridge, quando le "recite" scolastiche erano prese terribilmente sul serio - ed esplosi come scrittori, attori, comici nei primi anni Sessanta, in quella satira che stava velocemente modificando l'umorismo inglese, già stravolto dal Goon Show (oh ragazzi, cercate su wikipedia perché non posso dirvi tutto!), si conobbero praticamente divisi a coppie e poi a trii negli studi della BBC: dei sei, il più noto alla fine del decennio del '60 era John Cleese, e quando la BBC gli propose uno show comico originale, si portò appresso Graham Chapman, con il quale aveva lavorato a teatro e in tv (spesso assieme a Marty Feldman), e Michael Palin, che a sua volta si portò con sé Idle, Jones e questo curioso e introverso ma geniale animatore americano, Terry Gilliam. Nel 1969, misero insieme l'idea del Monty Python Flying Circus. Dapprima spaventarono il pubblico, le vecchine, poi il loro umorismo dissacrante e provocatorio, geniale e davvero dirompente e innovativo, conquistò la Gran Bretagna, poi l'America. 
Poi i film, qualche tour teatrale, fino al 1983, quando ognuno di loro prese la propria strada, desiderosi di una carriera personale: ma già prima e durante quel periodo, ognuno era già volato sul proprio giardino (Cleese, per dirne uno, era quello che più desiderava scrollarsi di dosso quello che considerava un matrimonio forzato: spopolò senza eguali da solo, con la sitcom Fawlty Towers, nel 1975). Idle, nella autobiografia dei Python, aveva dichiarato che, ormai anziani, poteva andar bene rivedersi per raccontare il passato, ma rifare nuovi sketch era da vecchi coglioni. Sicuramente, Cleese non rifarà la camminata sciocca. Mentre scrivo, i cinque Python si avviano alla conferenza stampa con la quale presenteranno il nuovo show. Quando nel '98 si rividero ad Aspen, nell'entusiasmo generale si parlò di rifare uno spettacolo teatrale, forse un film, forse no, magari un seguito del "Sacro Graal" ambientato nelle Crociate, poi Gilliam e subito dopo Palin si mostrarono contrari. Lo scazzo durò qualche anno. Nel 2004, Idle produsse un adattamento del "Sacro Graal", intitolato "Spamalot", per le platee di tutto il mondo, con un successo clamoroso. I Python - meno Chapman, ancora deceduto - si mostrarono ancora insieme per i fotografi alla "prima". E li abbiamo rivisti di nuovo nella stessa stanza - eccetto Idle, via collegamento video - per promuovere il bluray del "Senso della vita", trent'anni dopo l'uscita di quell'incredibile film. E ora, lo stanno facendo davvero. 
Il mio entusiasmo è giustificato, credo. Chi mi conosce sa bene che adoro i Python da tempi non sospetti, nonostante in Italia siamo riusciti ad importarli nel peggiore dei modi: basti pensare che il loro film Monty Python and the Holy Grail (1975) arrivò nel 1976 semplicemente intitolato Monty Python e con un orribile doppiaggio fatto di dialetti italici, e solo nel 1983, con il Senso della Vita, complice il premio a Cannes, giungono nelle nostre sale, ironicamente quando il gruppo si stava ormai sciogliendo. E solo nel 1991 giungerà il geniale - e oggetto di polemiche molto accese, all'epoca - Life of Brian (1979), intitolato Brian di Nazareth, doppiato discretamente, bene accolto dal pubblico e freddamente dalla nostra critica. L'anno successivo, giunge anche E ora qualcosa di completamente diverso, del 1971, un divertente montaggio degli sketch migliori del loro Circo Volante. La serie, invece, vedrà la luce doppiata per l'home video, ma solo la prima stagione. Sottotitolata, l'intera serie di 45 episodi arriverà finalmente in dvd nel 2007. Poi esce il libro di Francesco Alò sulla loro storia e poi l'autobiografia, per mano della Sagoma Editore. Ora il mio scaffale sui Python sta per crollare, tanto il peso di libri, dvd, bluray e dischi. E farò di tutto per farlo cadere del tutto con i biglietti per il loro prossimo spettacolo. Perché è grazie ai Python che ho capito che bisogna vedere il lato positivo della vita.

mercoledì 6 novembre 2013

La voce del popolo: Gigi Magni

Complice il fatto che il suo ultimo film, La carbonara, uscì nel 2000 con così poche copie che sparì velocemente dalla circolazione, e la sua ultimissima opera, La notte di Pasquino, andata in onda su Canale 5 nel lontano 2003, è stata allegramente dimenticata negli archivi, di Luigi “Gigi” Magni non si ricordava più nessuno. Lui, classe 1928 e romano di Roma, era stato un validissimo sceneggiatore, prima nei Caroselli e poi nelle commedie di Giorgio Bianchi, Camillo Mastrocinque, Lattuada, Lizzani, autore anche, scusate se poco, di “Rugantino”, portato in scena per la prima volta nel 1962, poi regista di “genere”, come John Ford con il western, di grande, grandissimo successo. Era lo “storico” di Roma. Eppure, forse per questi motivi di invisibilità e il fatto che noi italiani abbiamo la memoria storica che scade dopo mezz’ora, l'addio al regista Luigi Magni è stato molto sottotono, senza ricevere i grandi onori e gli applausi che i Grandi sono soliti ricevere quando schiattano. Insomma, Magni ce lo siamo filati davvero poco. Ed è stata una cosa che mi ha colpito tantissimo. Francamente, Magni avrebbe meritato negozi chiusi e giù i cappelli. Come genere, scelse la storia di Roma perché, persona intelligente e coltissima, capì che era il metodo più azzeccato a raccontare la storia recente. Come intellettuale, Magni era diretto e senza retorica. Amavo leggere le sue interviste. Tre brani che ho raccolto.

Ricorda così l'amico Armando Trovajoli: "Durante la lavorazione de La Tosca. Monica Vitti non aveva una grande voce. Così un giorno, durante una registrazione, si bloccò e rivolgendosi al musicista disse, "Armà, hai scritto una canzone con tonalità che mi si addicono, hai sbagliato". Trovajoli, in preda alla rabbia, si tolse gli occhiali, li sbattè per terra e li calpestò con i piedi, distruggendoli. Sennonché, gli occhiali erano d'oro e lui ancora sta a piagne".
Sul montatore Ruggero Mastroianni, fratello di Marcello, che gli fece da attore in Scipione detto anche l'Africano, "Il cast non brillava per allegria. [Marcello] Mastroianni era stato appena mollato da Faye Dunaway, Gassman era reduce da una malattia al fegato, la Mangano se ne stava sempre da una parte, silenziosa. Situazione decisamente morta. Ruggero gli sbottò, "Che stai a fa' i sepolcri?". Oppure, ricordando le scelte di cast del suo più grande successo, Nell'anno del Signore (1969): "Sordi non voleva accettare il ruolo del frate, perché sosteneva che anziché condannarli, i due patrioti si sarebbero dovuti pentire prima di condannarli alla ghigliottina. E Magni, "Ma che cazzo stai a dì? Se quelli se pentono famo n'antro film", ma Sordi era irremovibile, credeva che così avrebbero mandato all'inferno i due carbonari. "Te quanno mori nun ce voi annà in paradiso?", lo ammonì, ma niente, Magni se la rideva, ricevendo calci negli stinchi sotto il tavolo da Bino Cicogna per invitarlo ad essere più conciliante".
Un ricordo personale, una domenica pomeriggio di qualche anno fa camminavo con un amico a Via del Corso, dove lui abitava praticamente sopra il cinema Metropolitan, e lo intravidi camminare con sua moglie. Un ragazzotto gli gridò, "A' Giggi Magniiii", e lui si girò compiaciuto, aumentando però il passo per sfuggirgli, quando il ragazzo disse all'amico che gli stava accanto, "Ahò quello è Magni, quello che ha fatto i Pierini". Sentendo questa cazzata enorme mi fermai e gli dissi, "Eh no, lui ha fatto grandi film su Roma, vediti In nome del Papa Re, ma quale Pierini!". Magni si girò e disse tranquillo, "Ecco diglielo quello che ho fatto". Si girò tornando sulla sua strada e disse, "A sto' stronzo". 
L'amico e collega Gigi Proietti ha commentato così la romanità di Magni, "Non era un autore romano, è riduttivo. Conosceva benissimo la storia della città, i segreti delle strade, ma non era il tipo da serenata "Roma te vojo bene": era un intellettuale preoccupato dei problemi della città, immerso nel suo tempo".