venerdì 31 maggio 2013

Una notte da leoni 3 - recensione traumatica

Ci siamo, ieri abbiamo visto Una notte da leoni 3, si comincia con una evasione carceraria stile Le ali della libertà, titoli di testa alla Paranormal Activity, ma poi tranquilli, la prima risata è un "fangulaaaaa" strillato dal criminale internazionale - ma amicissimo di Alan - Leslie Chow mentre precipita dallo scarico del carcere. Inizia il film.
Dopo quattro anni si conclude la trilogia de Una notte da leoni, e tornano per la gioia degli spettatori il bizzarro Alan (Zach Galifianakis), Stu (Ed Helm), Phil (Bradley Cooper) e la quasi comparsa Doug (Justin Bartha), il branco - di deficienti - che erano esplosi con l'addio al celibato di Las Vegas ed erano tornati con una nuova avventura, stessa squadra, stessa storia, cambiava solo l'ambientazione, a Bangkok. La storia era riuscita nel primo film a riscrivere le regole della commedia demenziale portando lo spettatore a scoprire assieme ai personaggi cosa fosse successo la sera prima perché, drogati di nascosto da Alan, non ricordavano più nulla. 

Il pubblico premiò oltre ogni previsione il film, uscito nel 2009, e perdonò la ripetitività del secondo, perché tutto sommato divertiva anche se il pedale dell'esagerazione era stato spinto oltre e l'effetto sorpresa delle trovate era svanito perdendo gran parte delle potenzialità comiche del primo film. I personaggi alla fine sono quelli prevedibili degli ingenui infilati in una storia più grande - e pericolosa - di loro nel collaudato plot dell'on the road. Dei quattro, uno sparisce sempre (Doug), mentre un altro è decisamente fuori di testa e infantile (Alan), interpretato da Zach Galifianakis, ormai una star comica mondiale (e sfruttato per un'altra storia simile - il viaggio impossile di due che non dovrebbero star insieme - Parto col folle, Galifianakis in coppia con Robert Downey Jr., carino ma rovinato da alcune cadute di gusto), ma con un quinto personaggio che diventa, nel terzo capitolo, protagonista a tutto tondo, Leslie Chow (si pronuncia Ciao?), interpretato con un certo autolesionismo da Ken Jeong. Il film mira a quel pubblico cui piace ridere di pancia e grassamente, con eccessi incredibili e sballi porcelloni, e porta Alan al centro della storia sterzando verso il cambiamento del suo personaggio, sempre più preoccupante per i suoi familiari che decidono di portarlo ad un centro psichiatrico, dove viene accompagnato dai suoi amici Stu, Phil e Doug. Durante il tragitto, vengono però prelevati dal boss criminale Marshall (John Goodman, perfettamente in forma) che rivuole i 40 milioni di dollari in lingotti d'oro che Chow gli ha fregato tempo prima, e sapendo i contatti che ha con Alan, sequestra l'amico Douge come garanzia per la restituzione dei suoi lingotti e la consegna del cinese, vivo o morto. E quindi, senza addio al celibato ma comunque in viaggio e di nuovo nei guai fino al collo, il "branco" si ritrova in una situazione "nuova" e si mettono alla ricerca del cinese fuori di testa, pervertito e cocainomane.
Nel realizzare il terzo capitolo, il regista Todd Phillips deve essersi così preoccupato a non deludere i fan della saga da mettere così tanta carne al fuoco da stordire la storia di continui colpi di scena - il che non è male, essendo un film comico - e di troppi dialoghi fuorvianti, dando così maggior spazio al personaggio di Alan da riempirlo di gag a volte volgari, a volte divertenti (il funerale del padre è da antologia), a volte fuori luogo (l'incontro con la ex prostituta), ma che lascia un quesito fondamentale: che senso ha intitolarlo Hangover (postumi da sbornia) se non c'è niente di simile? Tutte queste esagerazioni alla fine divertono, è innegabile, ma l'attesa dello spettatore ad una nuova festa di addio al celibato - che giunge DOPO i titoli di coda - lascia un po' di amaro. Possiamo prenderlo come film a sé, perfetto per una serata con gli amici, birra, popcorn, rutto e sghignazzamenti, e allora Una notte da leoni 3 ha senso di esistere. Fra poche vere risate, sorrisi, persino momenti di tenerezza (ma comunque di dubbio gusto: Alan può innamorarsi giusto di una cicciona volgare?) e cast sprecato (grazie però per non aver più scritturato, come inizialmente previsto, Myke Tyson per la terza volta).

domenica 19 maggio 2013

Dan Aykroyd in Italia

La notizia che l'attore Aykroyd sarà in Italia per una promozione di due giorni per la vodka di cui è produttore e diretto testimonial, la Crystal Head Vodka, ha scatenato i fan tanto che si stanno mobilitando sui social network - facebook in primis - preparando una massiccia partecipazione. Certo, non saranno migliaia di persone, eppure a pensarci bene forse due su cento conoscono la vodka di Danny, ma vanno lì esclusivamente per avvicinare un beniamino indiscusso di almeno tre generazioni di fan. Non è un discorso che potrebbe far onore ad Aykroyd, ma anche se non recita un film da protagonista da molti anni, e non imbrocca un successo da altrettanto tempo, è sempre e comunque famosissimo e adorato dagli appassionati dei film che fece negli anni Ottanta. Ci si chiede in che posizione inserire Aykroyd nella storia del cinema comico, inserendolo come eterno numero due - a torto definendolo spalla di John Belushi - ma a veder bene la sua carriera toccò vertici da star mondiale, ha sulle spalle una nomination agli Oscar, e anche se oggi non si dedica al cinema come una volta, ha interpretato le maggiori commedie degli anni Ottanta: Ghostbusters, Una poltrona per due, Blues Brothers, Spie come noi, senza dimenticare i ruoli minori in film come 1941-Allarme a Hollywood, Chaplin, Tutto in una notte, o in serie tv come La vita secondo Jim, interpretata da Jim Belushi, fratello minore di John. 
Abilissimo scrittore comico - in America è una istituzione vivente per aver interpretato le prime quattro stagioni del Saturday Night Live (dal 1975 al 1979) - cantante blues, e oggi fondatore e gestore di una grande catena di pub chiamata la House of Blues, e come si è detto promoter della sua vodka. Come attore mi è sempre piaciuto, misurato con momenti improvvisi di follia pura (nei ruoli recenti, cercatevi il killer del film L'ultimo contratto, 1997), oggi è venerato dai fan di Ghostbusters, dove Danny, anche sceneggiatore, era  Raymond "Ray" Stantz, e ovviamente dagli appassionati Blues, per il suo ruolo di Elwood, il fratello con l'armonica e una pazzesca abilità al volante di Jake, alias John Belushi, suo partner e grande amico. Per un lungo tempo, Aykroyd si trovò al posto giusto, con le idee giuste, ed al momento giusto. 
L'attore canadese, oggi 61enne,  piuttosto ingrassato, è però inciampato in troppi insuccessi o in ruoli troppo piccoli per essere ricordati (chi si è accorto della sua presenza in Pearl Harbor?), fidandosi troppo dei vecchi amici (con il regista di Ghostbusters, Ivan Reitman, ha fatto Evolution, cazzata del 2001; con John Landis ha affondato la buonanima di Belushi nel secondo BB, Blues Brothers 2000) o dei giovani comici (imbarazzante il ruolo del capitano dei pompieri nel film Io vi dichiaro marito...e marito, bruttissima commedia del 2007 con Adam Sandler), nonostante i soliti lampi geniali (il detective sfigato del film Due mariti per un matrimonio, con Cameron Diaz, era esilarante). Vive insomma nel suo passato, ma con i giusti meriti perché Aykroyd, quando era con le persone toste e giuste, ha sempre volato alto.
L'appuntamento con il tour tocca lunedì 20 a Novara e Milano e martedì 21 a Roma (alle 18, Enoteca del Parlamento, io ci sarò). Spero di poter incontrare Danny per ricordare i bei tempi e quando sfidava il tempo e la legge con la sua Blues Mobile. Quando, insomma, era in missione per conto di dio.

sabato 11 maggio 2013

Nessuno fermerà Robert Downey Jr.

A mia opinione, è diventato uno degli attori cinematografici più famosi ma anche potenti del mondo. Ironico, bravissimo interprete, ora che è diventata una paurosa macchina per far soldi - Iron Man 3 ha appena scavalcato i 775 milioni di dollari di incasso nel mondo, di cui 212 solo negli States - può tranquillamente realizzare qualsiasi progetto abbia in testa. Si sta parlando di una versione di Pinocchio, diretta da Ben Stiller con Downey Jr. nella parte di Geppetto ed anche produttore, sto leggendo che ha appena firmato per Avengers 2 (uscita ufficiale nel 2015) e Avengers 3 (che non approderà nelle sale non prima del 2017: ed io che neanche so che fare la domenica pomeriggio!), ma ha forti dubbi circa un quarto capitolo di Iron Man, mentre due sono i film che girerà mentre negli Studi della Marvel stanno preparando il prossimo Capitan America e il secondo film sui Vendicatori, Chef e The Judge, praticamente due film "normali". La sua necessità ad un ritorno alle origini si può leggere in uno stralcio d'intervista fatta a GQ un mesetto fa: "Mi ha fatto pensare a quanto grande debba essere il messaggio lanciato dallo sponsor cosmico prima di riuscire a capire che è ora di lasciar perdere. Quanti film di genere supereroico posso fare? Quanti seguiti di successo sono davvero divertenti? Vengo da una famiglia di scrittori, registi, attori e artisti in generale e il mio cerchio di amici è composto da quelle persone che giovano a poker alle due del mattino e questo è l’aspetto più confortante della mia infanzia. Quindi sento che c’è un legame, un’eredità a cui devo ritornare". Più che plausibile, alla fine come attore aveva dato recentemente grandi prove di sé in un paio di film che non hanno avuto grande successo o comunque ben distanti dagli ultimi interpretati, come Zodiac (2007) e Il solista (2009). 
Quindi in fase di pre-produzione sono The Judge, la storia di un giudice che torna nella sua città natale per il funerale della madre e scopre che suo padre è sospettato di omicidio - nel cast previsti Vera Farmiga, Billy Bob Thornton, Eric West, Robert Duvall, Vincent D'Onofrio - e l'8 luglio saranno battuti i primi ciak del film Chef, il nuovo film di Jon Favreau (regista dei primi due Iron Man) da lui scritto e diretto. La storia ruota attorno a un uomo che perde il suo lavoro di chef e decide di aprire un camioncino-ristorante per guadagnare nuovamente la sua vena artistica. Oltre a Robert, saranno nel cast Sofia Vergara, John Leguizamo e Bobby Cannavale.
A proposito di incassi, qualcuno si potrebbe chiedere quanto guadagna Downey Jr. a film. Personalmente credo alle voci di cifre astronomiche solo quando vengono confermate. Ebbene, quando GQ gli chiede se veramente ha avuto una paga di 50 milioni di dollari per interpretare The Avengers, Downey Jr. sorride e dice "Sì". Ma poi aggiunge, "E non è pazzesco? Sono così incazzato, non riesco a crederci. Io sono quello noto come "un costo strategico"..

sabato 4 maggio 2013

Finalmente Iron Man 3 - oppure no?

Ora che finalmente IRON MAN 3 è uscito nei cinema americani (incassando, nelle prime anteprime del weekend qualcosa come 16 milioni di dollari, mentre scrivo leggo che ha già portato a casa 70 milioni di spicci americani; apprezzato oltre ogni previsione anche oltreoceano, incassando 345 milioni di dollari in tutto il mondo, 8 milioni e mezzo di euro solo in Italia...ed è solo uscito il 24 aprile scorso!) posso rischiare di dire le mie impressioni sul terzo capitolo della saga iniziata nel 2008, dico rischiare perché l'universo Marvel è fatto di appassionati che tengono ferocemente ai loro supereroi a costo di tagliare gole e calciare gli stinchi, e anche perché in giro, nei pressi dell'Alaska e nei dintorni di Rieti, qualcuno non ha ancora visto Iron Man 3 e rischio seriamente di rivelare dettagli preziosi per gustarsi la visione del film. Insomma, spoiler allert, io ve lo dico..
 
Entriamo in un contesto ben preciso: quest'anno nessun altro film era così atteso e le aspettative, francamente, erano davvero troppe. In parte Iron Man, supereroe spaccone e quasi invincibile, è un personaggio schiavo della propria natura e caratteristica, se cambia registro, difficilmente il pubblico comprenderebbe e infatti la prima cosa che scrivo è questa, ha deluso molti fan. Chi mi conosce sa bene che la parola "fan" è una cosa che non sopporto, perché generalmente sono una categoria assurda, irrispettosa per prima e troppo, davvero troppo esigenti. La lingua italiana ha un termine meraviglioso, che bene li riassume: rompicoglioni. Il cinema d'animazione invece ha un personaggio chiave, l'Uomo dei fumetti dei Simpson. "Il peggiore episodio", avrà scritto vedendo Iron Man 3. Personalmente non sono rimasto così male, anche se credo di aver capito cosa può aver deluso: le aspettative, specie dopo The Avengers, erano così alte che vedere Iron Man 3, che possiamo definire una commedia d'azione che un film di supereroi, deve aver fatto incazzare qualcuno. Okay, i momenti comici sono forse un po' troppi e faranno discutere le dissacrazioni dei due cattivi di turno e un finale che ha lasciato l'amaro in bocca (Tony Stark tornerà, recita una didascalia finale, e sai che novità), ma il divertimento c'è, i momenti d'azione sono pochi ma ben centellinati, ma a mente fredda l'analisi di Iron Man 3 porta ad altre considerazioni. Ripeto, parlare del film inevitabilmente toglierà la sorpresa a chi ancora non ha visto il film - attenzione, ora iniziano gli SPOILER - e ho deciso di dividere in pro e in contro sperando di darvi una idea di cosa è stato questo film, il cui successo influirà maggiormente sul futuro degli Avengers rispetto agli altri film della Marvel in attesa. Già si parla di Iron Man 4.. 
PRO. Era giusto portare al capitolo numero tre la saga del grande Tony Stark, il cui mito, nato nei fumetti nel '63, ha avuto maggiore successo quando non era fra di noi. Infatti, usciti i primi due film, nei due anni successivi al film dei Vendicatori (2012) la mole di fan è aumentata spropositatamente (grazie all'home video) e hanno contribuito non poco all'enorme exploit al botteghino, e nell'attesa dell'uscita del film sono andati tutti matti: la campagna pubblicitaria ha fatto un lavoro incredibile, allungando la bava dei fan con i primi poster, i primi trailer, le indiscrezioni, le interviste, le notizie dal set (Robert Downey Jr. si è rotto una caviglia durante le riprese), fino alle anteprime in tutto il mondo, insomma era un successo annunciato ed era dovuto per tutti coloro che amano il personaggio. Nell'ubriacatura degli spoiler e delle news, qualcuno s'è dimenticato che la base del terzo Iron Man era stata già annunciata mesi prima: l'uomo dietro l'armatura, Tony Stark, entrava in una vera crisi d'identità e si sentiva, per la prima volta, vulnerabile e con la paura di non proteggere ciò che ama di più, e cioè la sua Pepper Potts (Gwyneth Paltrow, sempre più in sintonia con Downey Jr nelle scene più divertenti, da sitcom familiare), anche perché stavolta il "cattivo", il Mandarino, era davvero cattivo (Ben Kingsley, azzeccato nella sua ambiguità, nella parte del film più discussa e di bassa lega - le gag scatologiche del bagno), e raccogliendo la sua sfida "all'antica" gli manda tre elicotteri che gli bombardano la casa. Tutto questo era stato già detto, eppure alla "prima" cui ho partecipato la sera di mercoledì 24 aprile molti hanno fatto gli indiani, delusi dal vedere il loro eroe così vulnerabile e frignone. Eppure, dopo tre film - incluso gli Avengers - il quarto film con Iron Man non avrebbe potuto continuare la linea dell'invincibile, evitando il rischio della ripetitività e della noia, e con la necessità di chiudere per il momento la sua storia, regista e sceneggiatori hanno tirato fuori la chiave della commedia che spezza la tensione nei momenti più insensati e per rendere meno amara la fine - provvisoria, lo sappiamo, perché The Avengers 2 uscirà nel 2015 - della propria creatura. Una pausa, mica una fine. E si ride, moltissimo. Le scene d'azione possono aver sconvolto lo spettatore teenager che voleva più armature e meno situazioni alla Arma Letale (come ricordano le sparatorie al porto, con Downey Jr e Don Cheadle, alias Iron Patriot, uno bianco e l'altro nero.. ma la colpa potrebbe essere del regista Shane Black, che ha i diretto i primi due della saga) ma la sequenza finale colma ogni necessità di essere storditi dalle esplosioni.
 
CONTRO: gli stessi pregi di Iron Man 3 se visti da un'altra prospettiva, possono diventare i maggiori difetti. Si ride e forse troppo, e il ritmo decolla con una certa fatica. La chiusura stessa della saga lascia così sbigottiti da influire enormemente il proprio giudizio. Pochi perdoneranno le differenze enormi fra il Mandarino del fumetto e quello del cinema (nel film, è un attore fallito, nel fumetto è invece uno dei nemici più potenti di Iron Man: alle mani ha dieci anelli, ciascuno con poteri magici specifici, come rendere di ghiaccio le persone, fulminarle ecc.), e il ruolo di Guy Pearce, alias il cattivissimo Aldrich Killian, qui è al centro della storia quando nel fumetto si suicida a pagine 2 del fumetto che lo ritrae (quindi il film inverte la loro importanza). Pochissimi perdoneranno l'aria disneyana del personaggio del bambino, Harley, orfano di padre (come spesso accade nei film Disney), solitario ma genio della meccanica e della ingegneria, mossa molto bassa per accaparrarsi le famiglie come spettatori di Iron Man (scena peggiore, lui che calma Stark in piena crisi di panico post Avengers al telefono..). Qualcuno, vedendo Stark così terreno e umano e poco uomo di ferro, ha lasciato la sala incazzato. Insomma, cambiando drasticamente, questo Iron Man rischia di non trovare la complicità e tifo dello spettatore, e senza l'identificazione fra il personaggio e sala il film rischia di lasciar freddi.


PRO & CONTRO: personalmente mi sarei aspettato qualche cameo di un Capitan America o di un Hulk nel pieno dell'azione, ma questa più che una opinione è un ridicolo desiderio. Avrebbe però regalato qualche emozione in più. Bruce Banner appare nella scena titoli di coda, ma sembra il finale di una sitcom. Insomma, dopo averli visti insieme, ce lo saremmo tutti aspettato!
CONCLUSIONE: è evidente che le risate avute in The Avengers hanno convinto gli sceneggiatori ad aumentare l'ironia (nel flashback iniziale del 1999 è divertente Jon Favreau, produttore del film, nel ruolo di guardia del corpo, Happy Hogan, per poi andare in coma) e la comicità slapstick (Iron Man, comandato a distanza, inciampa e si rompe in continuazione) e le classiche battute alla Stark, dimenticando che se ai fan piacciono le scene d'antologia (l'attacco alla villa di Malibu, il salvataggio dell'Air Force One), vogliono assolutamente star svegli per tutto il film. E per una commedia con esplosioni ed effetti speciali, con un ritmo e una regia che non c'entra molto lo spirito, è un errore imperdonabile. Insomma, potrebbe essere più che il miglior film della saga, il film della transizione fra la saga stessa e il prossimo Avengers. E' un piacere comunque dar così tanto spazio all'ironia e spacconeria di un attore come Robert Downey Jr.