mercoledì 27 settembre 2023

Sherlock Holmes nel cinema muto italiano


Non fatevi ingannare dal titolo di questo articolo: non esiste nessun Sherlock Holmes italiano nel cinema muto. Eppure, il personaggio nato dalla penna di Arthur Conan Doyle è considerato fra i più rappresentati nella storia del cinema. Chi scrive, è un appassionato che ha cominciato a leggere i primi romanzi in età prescolare, per diventare poi accanito spettatore delle numerosissime serie cinematografiche. Tutte le fonti concordano che il primo film dedicato all’investigatore privato risalga addirittura al 1903, intitolato Sherlock Holmes Baffled: in meno di un minuto, l’investigatore viene buggerato da un ladro che scompare e appare a suo piacimento. Quindi il primo film su Holmes fu una produzione non inglese e una aperta parodia del personaggio. In Italia l’infallibile Holmes sarebbe arrivato nel 1895 con una manciata di romanzi per la Casa Editrice Verri di Milano, per poi passare, nel 1899, al Corriere della Sera che pubblicherà, a puntate su La Domenica del Corriere, gran parte dei racconti di Holmes: il grande successo ottenuto presso i lettori italiani spingerà una serie di editori a pubblicare i romanzi e varie antologie in più edizioni. Nei primi anni Dieci del Novecento Holmes era quindi abbastanza famoso per essere imitato o trasportato nel pioneristico cinema italiano che proprio in quel periodo stava correndo verso una produzione ampia e persino esportabile all’estero. L’affermazione che il primo e unico (per il momento) Sherlock Holmes italiano è stato Nando Gazzolo per la serie di telefilm prodotti dalla Rai nel 1968, è corretta; ma in precedenza, nel periodo del muto, sono state diverse le parodie girate dai primi comici del cinema italiano. Gran parte di questi film, alcuni brevissimi, sono andati perduti, ma ne riportiamo qui titoli e dati necessari per l’approfondimento necessario (la fonte principale è I comici del muto italiano, a cura di Paolo Cherchi Usai e Livio Iacob, «Griffithiana», La Cineteca del Friuli, nn. 24-25, ottobre 1985). 

NB: in alcuni film il titolo storpia il nome di Sherlock Holmes in Sherlok, sicuramente un espediente per evitare noie per i diritti, o un plausibile e costante errore ortografico.

NB2: Nell'autorevole libro Sir Arthur Conan Doyle at the cinema (1996), di Scott Allen Nollen, viene riportato il film The Flea of the Baskervilles (1915) come produzione italiana, ma era in verità il tedesco Der Floh von Baskerville, prodotto dalla Luna Films.

NB3: il film muto più noto di Sherlock Holmes, interpretato da William Gillette nel 1916, nonostante alcune fonti lo indicano distribuito da noi, è in verita inedito in Italia. E' stato proiettato durante le Giornate del cinema muto di Pordenone nel 2015, in seguito al clamoroso ritrovamento di una copia francese, avvenuto l'anno precedente.


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Un rivale di Sherlock Holmes (1907). Prodotto dalla Ambrosio (Torino), 165 metri. Film perduto di cui si sa veramente pochissimo. Il film è però uscito negli Stati Uniti, dove ha ricevuto anche una recensione favorevole (“Numerose le scene emozionanti e gli scontri fisici. Un soggetto sensazionale di superbo effetto drammatico, senza caratteristiche discutibili”, The Moving Picture World, 2 maggio 1908).

 

Il piccolo poliziotto (1909), prodotto dalla Itala Film, è noto anche come Il piccolo Sherlock Holmes. È un film di genere drammatico dove è presente vagamente lo spirito investigativo di Holmes nel personaggio del figlio di un viaggiatore rapito da due briganti in cambio di un riscatto (la cifra riportata è di diecimila lire: sono quarantaduemila euro odierni!). Il giovane trova il covo dei briganti, li affronta uccidendoli con un fucile e libera così suo padre. 

 

Fricot emulo di Sherlok Holmes (1913), con Armando Pilotti (Fricot). Prodotto dalla Ambrosio (Torino), 205 metri. Il personaggio di “Fricot” fu inventato nel 1910 dall’attore Ernesto Vaser (Torino, 1876-1934), piccolo di statura, un po' corpulento, ma agile, per la casa di produzione piemontese Ambrosio. Nel febbraio del 1912 Vaser lasciava l’Ambrosio per l'Itala, dove avrebbe impersonato un altro analogo personaggio, Fringuelli, e, a quanto pare, venne sostituito nella serie di Fricot da Armando Pilotti e da Cesare Gravina. La comica è andata perduta.

 

Più forte che Sherlock Holmes (1913), regia di Giovanni Pastrone, con Emilio Vardannes (Totò Travetti), prodotto dalla Itala Film (Torino). Sono due episodi rispettivamente da 198 e 230 metri (il secondo ha un visto censura datato 1914): dal 1989 il Museo del cinema di Torino conserva una copia ritrovata al Nederlands Filmmuseum, ed è visionabile nel loro profilo Vimeo. “Conferma – ove ce ne fosse ancora bisogno – la grande abilità di Segundo De Chomón nell’utilizzo dei trucchi, qui profusi a piene mani e tutti finalizzati a dare alla divertente vicenda un ritmo cinematografico vivacissimo ed incalzante, una vera e propria elettrizzazione del racconto”. (Aldo Bernardini, Il cinema muto italiano, 1913, Bianco e Nero, Nuova Eri, 1994, pag. 132). Link: film.
Vardannes, il cui nome era in verità Emile in quanto parigino, aveva inventato il personaggio di Totò nel 1911 dopo essere stato assunto come attore dall’Itala Film; l’anno successivo passò alla Milano Films con un personaggio molto simile a Totò di nome Bonifacio. 

 

Krì Krì contro Sherlok Holmes (1915), con Raymond Frau nel ruolo di Krì-Krì. Prodotto dalla Cines, 125 metri.  La disfatta di Sherlok Holmes o Krì-Krì sconfigge Sherlok Holmes (1915), con Raymond Frau nel ruolo di Krì-Krì. Prodotto dalla Cines, 145 metri.  
L’attore Raymond Fran, in arte Ovaro, nato nel Senegal nel 1887 da padre italiano e madre francese, era diventato in Francia un clown/acrobata da circo, e si esibiva in un duo nei varietà e nei caffè-concerto, compiendo tournées anche in Italia. Notato e assunto dalla Cines nel 1912, con il personaggio di Kri Kri creò un personaggio di “viveur” elegante, segaligno e mattacchione, per certi versi ispirato al modello messo in auge in Francia da Max Linder. Nel ruolo di Kri Kri, Ovaro raggiunse comunque larga popolarità e risultati di buon rilievo, qualitativo e quantitativo, nel cinema italiano e internazionale, spesso lavorando assieme ad altre macchiette della Cines, come Checco, Lea e Cinessino. Nel 1915 ritornò in Francia, dove creò un altro personaggio di successo, Dandy.

 


Rodolfi emulo di Herlock Sholmes
 (1915), con Eleuterio Rodolfi. Prodotto dalla Ambrosio (Torino), 1050 metri. Film perduto.

Il bolognese Eleuterio Rodolfi (1876-1935), dopo una lunga attività teatrale, trovò la sua strada quando Arturo Ambrosio lo scritturò per il cinema, facendolo diventare subito popolare in una miriade di comiche e brevi commedie dove tratteggiava una lepida figurina di elegante e spesso sfortunato dongiovanni. Realizzatore oltre che attore, lavorò molto spesso in coppia con Gigetta Morano e con Emma Veda. Dal 1913 Rodolfi partecipò anche alla direzione artistica dello stabilimento Ambrosio, occupandosi soprattutto del settore comico e brillante. 

 

Camillo emulo di Sherlok Holmes (1921), con Camillo De Riso. Prodotto dalla Caesar-film (Roma), 1050 metri. Film perduto.

Camillo De Riso (1854-1924), aveva alle spalle una carriera teatrale quan-do, nell'ottobre del 1912, venne assunto all'Ambrosio di Torino. Qui formò con Gigetta Morano ed Eleuterio Rodolfi un trio comico di successo, ma fu solo quando passò alla Gloria, alla fine del 1913, che egli poté lanciare un personaggio tutto suo. Camillo, allegro buongustaio e impenitente libertino. Nella seconda metà degli anni Dieci fu anche regista di qualche opera di maggior impegno, come Spiritismo (1919), con Francesca Bertini.

 

Saetta più forte di Sherlock Holmes (1921), con Domenico Gambino (Saetta). Prodotto dalla Saetta-film (Torino), 1590 metri. Conosciuto anche come Saetta contro Sherlok Holmes.

Nel castello di Changeloup viene rapita la cagnetta della baronessa, un pechinese di nome Rirì. Accusata di scarsa sorveglianza, viene licenziata una cameriera, anch'ella di nome Rirì. La baronessa incarica due poliziotti privati, Sherlock e Holmes di ritrovare la preziosa bestiolina, ma i due non vengono a capo di nulla. Attratto dalla ricompensa di cinquemila lire, inter-viene Saetta, che dopo mirabolanti peripezie ritrova il cagnolino, ma chiede, oltre ai soldi, an-che la riassunzione dell'innocente cameriera. Intascato il premio di cui non sa che fare, capita in un istituto di trovatelli, gioca con loro e consegna i soldi al direttore dell'Istituto, perché li impieghi a favore dei piccoli. E ritorna alla sua solita vita di generoso vagabondo. (Aldo Bernardini, Il cinema muto italiano, 1921, Bianco e Nero, Nuova Eri, 1996, pag. 290).

Domenico Gambino, altro piemontese (1890-1968), aveva iniziato all’Itala Film nel 1910 come comparsa nella serie di Cretinetti (André Deed); passò all'Ambrosio Film nel 1916 come attore-regista e poi alla Pasquali Film. Due anni dopo fondò una propria casa cinematografica, la Delta Film, e nel 1920 fu interprete di un nuovo personaggio dal nome Saetta, trasformando la stessa Delta in Saetta Film. In seguito, Gambino rimarrà dietro la cinepresa anche nel cinema sonoro: nel 1949, ad esempio, girerà Torna a Napoli, che segnò il debutto cinematografico di Nino Manfredi.





sabato 16 settembre 2023

Laurel & Hardy: Year One - una recensione


Lo scorso 15 agosto è uscito un cofanetto blu-ray molto atteso dal titolo “Laurel & Hardy: Year One”, inteso come primo volume e annata iniziale della coppia nel lontano 1927; in verità, contiene anche il primo film girato, The Lucky Dog, girato nel 1921, e il primo in cui appaiono come attori negli Studi Roach, 45 Minutes from Hollywood, del 1926, per un totale di quindici silents.

Oserei definire questa uscita epocale: nel 2020, in pieno lockdown, la Blackhawk Films ha intrapreso il progetto fondamentale di recuperare i materiali migliori nel mondo e restaurare, ma dovrei dire anche ricostruire, i film muti di Stanlio e Ollio. Il periodo dei “silents” comprende 34 titoli dal 1921 al 1929, anzi 33 se escludiamo Hats Off, l’unico interamente perduto della loro filmografia. Essendo film vecchi di 96 anni (e nel caso del primo film, 102!), e i loro film bistrattati da altrettanto, non è stato per nulla facile come lavoro. 

 

Ora, spiegare nel dettaglio cosa sia successo a questi film non è facile, e potrei perdervi tutti durante la lettura di date, percentuali e nomi sconosciuti, ma è proprio in queste ricostruzioni storiche che si spiega la verità. Partiamo da un dato di base: l’80% dei film muti (inteso come periodo dal 1895 al 1929), sono andati perduti. Sono migliaia di pellicole che non hanno avuto nessuna conservazione, sia per interesse culturale o commerciale, che si sono rovinate per sempre: e vale a dire esplose (la vecchia pellicola era fatta di nitrato d'argento, altamente infiammabile) e quindi bruciate in alcuni grandi incendi che hanno colpito grandi magazzini degli Studi di Hollywood, o rovinate (acetosi, muffa). Negativi e pellicole sono un materiale molto fragile, e la cultura del restauro prese piede molto tardi, troppo tardi per salvare tanti film di quel periodo. In un certo senso con Stanlio e Ollio siamo stati fortunati: intero si è perso “solo” un titolo, Hats Off sopra citato, mentre The Battle of the Century, del 1927, ricostruito quasi intero solo – pensate – nel 2015, ha smarrito forse per sempre la fine del primo rullo; manca metà di Now I’ll Tell One, altro film del 1927 con Charley Chase e i due comici in ruoli secondari; incompleto anche il lungometraggio The Rogue Song, nel quale la coppia si prestava ad un ruolo di supporto, oggi sopravvissuto in un trailer, due sequenze e un pezzo di dieci minuti; una buona parte delle versioni girate in lingua straniera dalla coppia nel 1930-31, incluso in italiano Muraglie (mentre Ladroni è stato ritrovato l’anno scorso, ma senza sonoro), sono sepolte chissà dove. Ma a parte tutto questo, la filmografia della coppia è viva e vegeta, e gran parte dei negativi è conservata in luogo adatto.

 

Ma per arrivare a tutto questo, anche Indiana Jones si sarebbe sparato un colpo in testa. I muti di Laurel e Hardy girati nel 1926-27, erano prodotti da Hal Roach per la Pathé, mentre gli altri dalla MGM: il passaggio fra le major coincise con il crescente successo della coppia dando ai due gruppi di film un percorso differente. I film pre-coppia furono distribuiti “contro” quelli in coppia, e finirono distribuiti per lanciare Stan e Oliver nonostante non fossero un duo ufficiale: avuto il successo iniziale, sparirono a favore di quelli in coppia, e soprattutto sonori, come è testimoniato in Europa e in Italia. I muti così finirono in un oblio a cominciare dal 1931-32, con le ultime compilation che li conteneva. 

 

I “parlati” andarono spediti fino al 1940, quando Laurel e Hardy avevano concluso l’ultimo accordo con Hal Roach per andare verso altre strade. Il loro catalogo conteneva 90 film, per non parlare delle altre serie di Roach, come quella di Charley Chase, dell’Our Gang, ecc. Nel frattempo le copie dei negativi di questi film non se la passavano bene. All’epoca Hal Roach - e questa non vuole essere una critica nei suoi confronti - non ha mai pensato alla conservazione dei suoi vecchi film, perché era totalmente assorbito dalla creazione di nuovi progetti. Ma parecchi erano dello stesso suo ragionamento, perché negli anni ’40 non c’era una grossa richiesti di film vecchi e per giunta muti, così gran parte del catalogo era sparso in alcuni depositi di proprietà della MGM, a disposizione per il noleggio in formato 16mm per le sale cinematografiche o fare la muffa (uno di questi depositi era il Mercury Laboratory a New York, dove il negativo 35 mm di Hats Off fu inviato dalla M-G-M nel 1945 prima di diventare polvere, o almeno di prendere polvere e sparire chissà dove). Poi successe qualcosa. Roach, vedendo che anche i film di basso livello che Stan e Oliver giravano per la Fox e la MGM riscuotevano comunque successo nelle sale (pensate quanto amore del pubblico: brutto o bello che sia, andavano bene lo stesso, pur di vederli al cinema), siglò un accordo per la riedizione di alcuni loro vecchi titoli. Nel 1943, la Film Classics stipulò un contratto con Roach per la riedizione di gran parte della produzione dello studio dopo il 1928. Alcuni film, come Pack Up Your Troubles, Pardon Us, ebbero successo, ma il lavoro di duplicazione da parte della Film Classics fece dei danni veri ai materiali originali di Roach, anziché farli da loro duplicati, per negligenza da parte di entrambi le parti. Concluso l’accordo nel 1951, la Astor Pictures di Robert Savini fu uno dei numerosi distributori che acquistarono i diritti per la riedizione nelle sale cinematografiche. Preoccupati solo di un ritorno al botteghino a breve termine, come molti altri, l'abuso dei negativi in laboratorio continuò.  Poi dai primissimi anni Cinquanta arrivò la televisione, dove le comiche mute ebbero in generale un breve ritorno: definito materiale obsoleto ma facile da sfruttare, i film muti finirono in copie tremende in programmi come Comedy Capers e Mischief Makers – poi arrivati anche in Italia, qualcuno ricorda ancora oggi lo storico programma Oggi le comiche? Tagliando e cucendo, a favore della pubblicità, resero questi film una serie di frammenti abominevoli.

Che altro? L’home video, e un importante rilancio culturale che ridiede a questi film un trattamento migliore. Il primo a darlo fu il cineasta Robert Youngson, che dal 1957 al 1970 realizzò meravigliose compilation di comiche mute, fra due espressamente dedicate a Stanlio e Ollio. 

Come scrive Richard Bann in un dossier sulla preservazione dei loro film: “selezionando i nitrati in decomposizione che voleva utilizzare su pellicola di sicurezza, le preservò. Youngson copiò, tuttavia, solo ciò che desiderava estrarre per il film che stava girando. Salvò quindi solo il filmato di Battle Of The Century che incluse nel suo film antologico. Aveva la possibilità di conservare l'intero film o fare una fine grain, cioè una copia 35mm ripulita dalla grana, ma il suo licenziatario, gli Hal Roach Studios, non fece nulla. Non molto tempo dopo che Youngson ebbe estratto ciò che gli serviva dalla bobina n.2, che era un riassunto del filmato del combattimento con le torte, il resto della bobina si decompose mentre era sotto la custodia di Bonded Storage a New York, fu scartato e poi buttato via” (fu ritrovato al Museum of Modern Art parecchi decenni dopo). 

Ma visto il successo ottenuto da questi film che erano invisibili da molti anni, e l’interesse che aveva suscitato la prima biografia della coppia pubblicata da John McCabe nel ’61, i dirigenti Roach siglarono degli accordi per il mercato casalingo in forte crescita nei formati 8mm e 16mm. E qui entra in gioco la Blackhawk Films. 

 

“Negli anni '70, quando lavoravo per la principale licenziataria, la Blackhawk Films, Inc. di Davenport, Iowa, - scrive ancora Richard Bann - venni a sapere che la società rimasterizzava il materiale di base di Roach in 35mm, ma lo prendeva in prestito solo per un singolo passaggio, al fine di creare un negativo duplicato ridotto o una copia con poca grana in 16mm. Almeno Blackhawk ha fatto un tentativo in buona fede di presentare i film «sostanzialmente come sono stati distribuiti per la prima volta nelle sale cinematografiche», come recitavano le introduzioni dei muti sullo schermo. Inoltre, la Blackhawk ha investito nei propri elementi di stampa e il materiale originale non ne ha risentito”. I bollettini dei loro cataloghi erano a disposizione soprattutto nelle biblioteche, per il noleggio o acquisto dei titoli, ed erano una cuccagna per i collezionisti. Molti film erano in catalogo, ma non Hats Off e The Battle of the Century. Perché? Risponde Richard Bann: “Prima che Blackhawk Films fosse realmente attiva nel mercato casalingo e nella vendita nelle biblioteche negli anni '60 (sebbene il suo primo accordo con Roach risalga al 1952), i film muti della M-G-M non furono mai concessi in licenza in formati di pellicola inferiori allo standard per la distribuzione non prevista per le sale, e quindi non furono mai stampati per il mercato del 16 mm. Nessuna copia completa e d'epoca in 16 mm di entrambi i titoli verrà mai alla luce perché non sono mai stati stampati in 16 mm”. Quindi prima che ve lo chiediate, questi due titoli possono essere ritrovati solo nel formato 35mm. E buonanotte.

 

Quando gli Hal Roach Studios uscirono dalla bancarotta, nel 1971 il patrimonio netto fu diviso tra l'emisfero orientale e quello occidentale. All’estero, il titolare del copyright è sempre stato CCA. Hans Andresen è stato il cofondatore, insieme al più noto proprietario di maggioranza, il Dr. Leo Kirch, di quella che si è evoluta in KirchMedia GmbH & Co. e di molte altre società private europee di produzione, distribuzione e commercio di diritti, principalmente in Germania. Chiunque abbia comprato almeno una volta un Dvd europeo di L&H ha letto i nomi Beta Taurus, Beta Film o Kinowelt: dietro c’era sempre Kirch, proprietario dal 1983 del pacchetto della MGM/United Artists e ovviamente di Hal Roach. Dagli anni Ottanta fino al fallimento della Kirchgrouppe nel 2002, Richard Bann ha potuto supervisionare la spesa di milioni di dollari per salvare, restaurare, rivitalizzare, convertire e conservare le pellicole in nitrato del catalogo di Hal Roach. Si tratta degli stessi elementi in nitrato consolidati dai caveau di Culver City e dai depositi della East Coast che furono depositati per la prima volta presso la Biblioteca del Congresso nel 1969, un paio d'anni dopo che gli Hal Roach Studios erano usciti dalla bancarotta. 

Non sempre i titoli muti furono restaurati come si deve, a parte eccezioni di copie ben messe come quelle di Big Business o Double Whoopee, perché i negativi, nel frattempo, erano in gran parte rovinati o, peggio, da buttar via. Quando nella metà degli anni Novanta si lavorò ad un primo vero restauro dei silents, si dichiarò che la prima fonte utilizzata era l’originale negativo in 35mm, ma alcuni titoli, proprio quelli del 1926-27, erano sopravvissuti grazie alle copie casalinghe in Super 8 o in 16mm. Usciti nel 1999-2000 nella serie chiamata “Lost Films of Laurel and Hardy”, questi dvd restituirono, nel limite delle tecnologie di venticinque anni fa, le copie migliori in circolazione. 

 

Ma la ricerca di materiali migliori era iniziata parecchi anni prima. David Shepard e il fondatore della Blackhawk Kent Eastin avevano cominciato a lavorare al restauro e alla conservazione del catalogo alla fine degli anni Sessanta. La Blackhawk intanto fu venduta nel 1975 alla Lee Enterprises, ma la nuova gestione fallì presto, nel ’79, anche a fronte del nuovo mercato home-video delle VHS e dei Laserdisc. Nell’85 fu acquistata dalla Republic Pictures, ma durò due anni, e passò in nuove mani alla Critics Choice, di proprietà di Hugh Hefner (sì, quello di Playboy). Shepard intanto aveva fondato la “Film Preservation Associates” assieme ad altri ex colleghi della Blackhawk, fra cui Richard Bann, e nel 1989 acquisì la cineteca, con Hefner maggiore azionista. Nel 1990, il francese Serge Bromberg conobbe, durante un viaggio d’affari a New York, David Shepard: due teste, unica idea, quella di preservare il catalogo (oltre 5000 titoli) per le future generazioni. A Shepard, morto nel 2017, è dedicato il cofanetto dedicato a Laurel e Hardy.

E siamo così arrivati alla mia recensione. Se siete sopravvissuti alla lettura fino a questo momento, ve ne sono grato, perché era fondamentale fare questa premessa ad una storia poco raccontata. Bromberg e il suo staff sta attualmente lavorando alla restante produzione muta del ’28-’29, e ogni nostro supporto servirà alla realizzazione dei prossimi due cofanetti in blu-ray. A proposito, potete comprarlo qui, ed è multi-regione.

 

Alla luce di tutto questo, ogni cosa che sappiamo e che abbiamo scritto sui film muti di Laurel e Hardy possiamo ritenerla roba vecchia. Sembra davvero di vederli per la prima volta, perché il restauro ci riporta a come erano effettivamente queste copie quando uscirono nelle sale, e ci fa apprezzare quello che ci era sfuggito dalle performance degli attori. Questa sensazione è più forte in questi film del periodo iniziale, perché erano quelli dalle condizioni peggiori. E ho rivisto questi film dandogli un giudizio diverso, in alcuni casi, note che condivido con voi. Nel documentario con Bromberg, interessante nota su come i film si sono rovinati in neanche cinque anni dal recupero di Robert Youngson (con un esempio eclatante di Putting Pants on Philip), ma avrei voluto qualche dettaglio in più sul processo di restauro. Belle le musiche. Al restauro effettuato assieme a Éric Lange, ogni corto ha il prezioso commento audio di Randy Skretvedt. Per dare un'idea del risultato, ho messo a confronto un fotogramma attuale con i materiali usati nel 2000 per la serie "Lost films" in Dvd, basta cliccare per ingrandire l'immagine.

 



The Lucky Dog è completo nei limiti del possibile, immagine un po’ sporca ma la più nitida che io abbia mai visto di questo film. Diversi i fotogrammi recuperati. 

L’incontro fra Stan e Oliver in questo film è, credo, una delle casualità più straordinarie mai successe nella storia di Hollywood. Il produttore cercò di lanciare Stan come comico girando una comica pilota, così chiamò un suo regista amico che si portò con sé un attore amico bravo nelle parti di cattivo, di nome Oliver Hardy. 




45 minutes from Hollywood, circolava già in una copia decente pubblicata da Mk2 una quindicina di anni fa, e nel nuovo scan ha guadagnato maggiore nitidezza. Come in quella copia, anche in questa la sequenza con Stan alterna scarsa e ottima qualità. Peccato perché in altre fonti la sequenza si vedeva molto bene. Non proprio un film da buttare, e Hardy è molto buffo. Credo di aver notato qualcosina in più nelle sequenze iniziali a Hollywood.


Duck Soup, finalmente intero, si fa apprezzare maggiormente come comica, la qualità è davvero ottima. Rivedendolo con la famosa sequenza censurata (assente dalle copie americane) devo dire che si incastra male nella storia, però dal punto di vista del restauro non possiamo lamentarci.



Slipping Wives, non mi sono mai spiegato perché Hardy fosse così violento con Stan; comunque, copia spettacolare, calcolando che in precedenza le copie erano così mal messe che non riuscivamo a vedere bene i volti degli attori (una copia Rai, era imbarazzante). Come film, una mezza cretinata. Non ricordavo che la gag finale del poliziotto colpito al sedere dal fucile è la stessa che si vede in Noi siamo le colonne.

 


Love ‘Em and Weep, circolava già in una copia splendida nei dvd tedeschi, e qui non solo si conferma tale, ma vengono recuperate le scene multi-tinte per gli esterni ed interni. Una grande comica, ma non ricordavo che Stan e Babe non condividessero neanche una inquadratura, tranne il totale finale.


Why Girls Love Sailors, è un titolo che è passato ad essere un film perduto a film che si vede uno specchio. Forse qualcosa si è perso per sempre, ma poco male, il restauro riporta i dettagli del volto di Oliver Hardy e i suoi comicissimi sguardi. Non c’entra nulla, ma a parte qualche gag, questo film è davvero mediocre.



With Love and Hisses, un restauro pauroso. Ho impressione che nella scena del bagno fossero davvero tutti nudi come vermi, ma guardando bene gli attori indossano un costume da bagno. Non c’è molta storia, ma tanto slapstick, cadute, ecc., e uno Stan parecchio effeminato. 



 

Sailor’s Beware, finalmente si valorizza Anita Garvin come attrice comica, e Stan e Babe iniziano a interagire con maggior frequenza. La comicità è piuttosto rozza – Stan che spinge il nano in carrozzina sulle scale oggi porterebbe la gente in piazza per protesta – ma c’è un ritmo veloce. Copia ottima, in certi punti la nitidezza sorprende visto che questo film girava sempre in copie rovinate. Alcuni intertitoli sono stati messi finalmente nei punti giusti.



Do Detective Think?, anche se non ancora coppia fissa, Stan e Babe sembrano, come era accaduto con Duck Soup, essere nati per recitare insieme. Non credo ci sia stata molta casualità negli abiti, e rivedendo Sailors dopo questo, chiunque si sarebbe accorto che Stan e Babe funzionavano benissimo. 

La copia è splendida. Era uno dei muti che si vedeva peggio. Ed è un vero spasso. Non mi ero mai accorto che quando i due prendono i sigari e strappano la punta, Ollie la sputa, Stan la ingoia. Come ha scritto Randy Skretvedt su Facebook: “L'unica omissione di cui sono a conoscenza è una *molto* breve inquadratura di Viola Richard che cammina verso la porta d'ingresso, che esisteva solo in una fonte talmente scadente che includerla sarebbe stato stridente e avrebbe portato lo spettatore fuori dalla storia e quindi consapevole della qualità della stampa. La durata è di circa due secondi, quindi non si tratta di una perdita grave”.




 

Flying Elephants, se la memoria non mi inganna, le copie sopravvissute erano 16mm. Il quadro ora è così completo da farmi notare il tizio della troupe che tira i pesci alla destra di Stan mentre lui pesca dentro l’acqua. Copia ottima.


 

Sugars Daddies, copia nitida quanto graffiata, perché come il precedente film è stata una operazione “Frankenstein” di copie per renderlo intero. Ad un certo punto la combinazione tripla “Fin-Stan-Babe” deve aver convinto Roach a farne un vero team, ma mescolando situazioni già viste in Love ‘em and weep e Slipping Wives la noia prende il sopravvento, poi dalla fuga fino all’arrivo al Luna Park, il film prende la piega giusta a “due”; e in questo caso allo Studio si sono detti, facciamogli fare coppia di nuovo, e vediamo come risponde il pubblico. 



The Second Hundred Years, è tornato finalmente in “vita” con sequenze recuperate e mai viste prima, soprattutto quelle in apertura e quelle in “tinta” blu con la gag del poliziotto che cade di faccia sulla vernice. Il film non è così esilarante come si ricordi, ma la prima parte vale il prezzo del biglietto.




Call of the Cuckoo, qualità eccellente. 
Max Davidson come comico protagonista non valeva granché. Pure se vedere insieme Laurel e Hardy con Charley Chase, affiancati da james Finlayson e Charlie Hall, fa sempre piacere, le loro scene sono fuorvianti.


Putting Pants on Philip
, meravigliosamente restaurato, è a mio parere uno dei più divertenti del loro primo periodo. L’anello mancante fra questo e i due precedenti è Hats Off: ormai sono un duo, e la cosa viene ufficializzata con questo film, anche se il debutto vero è accaduto con The Second Hundred years e la MGM pubblicizzò questo e Hats Off con grandi sforzi. 


The Battle of the Century, il restauro lo conosciamo già, ma questo migliora rispetto a quello visto nel precedente cofanetto blu-ray The Definitive restoration. Troveremo mai la fine del primo rullo? Rimane un film geniale.

 

Conclusione, il periodo 1926-27 era lo zoccolo duro della conservazione dei loro film. Hanno fatto davvero il possibile, e i graffi visti i 96 anni di età di questi film possiamo anche sopportarli. Ed è incredibile i passi avanti fatti dalle tecnologie di restauro dal 2000, anno dei “lost films”, ad oggi. 


Ringrazio per la collaborazione Valerio Greco, Benedetto Gemma, Stefano Cacciagrano.

giovedì 7 settembre 2023

Quando Stanlio e Ollio non andarono a Venezia

Verso la conclusione della 80edizione della Mostra Cinematografica di Venezia, ho pensato di spolverare dagli archivi una vecchia storiella che avevo letto molti anni fa in un numero di Cinema Illustrazione, una delle riviste più interessanti sull’argomento e sul divismo soprattutto americano che all’epoca faceva volare la fantasia dei lettori verso il mito di Hollywood. Oltre al notiziario, alle gallerie fotografiche dei grandi film in uscita, le recensioni, la rivista aveva avuto per un periodo di quattro anni una rubrica di racconti dal titolo Cronache di Hollywood, firmate da Jules Parme, che altri non era uno pseudonimo del giovane Cesare Zavattini: la sua già fertilissima fantasia scatenava corrispondenze immaginarie che spesso venivano prese per buone, come accadde al sottoscritto quando sfogliando in biblioteca trovai questo numero con le cronache di Stan Laurel e Oliver Hardy a Venezia, nell’agosto del 1932. Il cronista Parme alias Zavattini in verità aveva preso spunto dal viaggio che la coppia di comici aveva affrontato fra luglio e agosto di quell’anno, che tanto ebbe successo da trasformare quella che doveva essere una semplice vacanza dei due colleghi in un vero giro promozionale. Il loro successo oltreoceano, infatti, era notevolissimo ma all’epoca Stan e Oliver, a parte alcune serate di beneficenza negli Stati Uniti, non erano affatto consapevoli di quanto fossero diventati famosi in tutto il mondo. Toccarono con mano il vero trionfo divistico. Le cineprese immortalarono folle impazzite nelle stazioni di Waterloo, Londra, Edimburgo fino al passaggio di Parigi, fra il 10 e il 15 agosto: la MGM organizzò loro persino un disco di ringraziamenti, registrato il 18 agosto ai Columbia Recording Studios. In Italia Stan e Oliver erano conosciuti ma senza clamori: aveva avuto grande successo il film Pardon Us, arrivato nel ’31 in una versione fonetica girata da loro stessi in lingua italiana intitolata Muraglie, ma il doppiaggio “buffo” che avrebbe ripreso le loro storpiature linguistiche ancora non era stato inventato, né venivano chiamati Stanlio e Ollio, ma “Crick e Crock”. Un loro passaggio a Venezia avrebbe destato un certo interesse, ma in realtà la Mostra Cinematografica di Venezia era alla primissima edizione e gli occhi erano puntati su un cinema internazionale di maggiore autorevolezza, e i divi comici e i loro film non vennero presi in considerazione (basti ricordare che gli Stati Uniti furono rappresentati da titoli come L'uomo che ho ucciso, di Ernst Lubitsch, Il dottor Jekyll, di Rouben Mamoulian, Proibito di Frank Capra, e Frankenstein, Grand Hotel, ecc.). 

Eppure, Cinema Illustrazione fece di tutto per far credere il contrario: nel n.34 viene pubblicata una loro foto scattata a Parigi dicendo che si trattava di Venezia, e nel n.35, del 31 agosto 1932, Parme/Zavattini firma un pezzo breve, piuttosto di grana grossa se vogliamo essere onesti, tanto è lontana dall’umorismo della coppia, di un loro passaggio veneziano. Ecco la trascrizione:

 

Anche Stan Laurel e Oliver Hardy hanno già radiotelegrafato i primi appunti sulla loro sosta europea. 

«Dicono che l'Europa sia travagliata dalla crisi. Infatti, in molte vetrine di librai non abbiamo visto che libri su questo argomento. Ma nella realtà., ci è sembrato che dappertutto regnasse il buon umore. In Italia la folla ci circondava e intorno a noi era sempre una cinematografia di volti sorridenti, Ma ora vi vogliamo raccontare una piccola avventura toccatavi a Venezia, dove andammo per assistere al Festival Cinematografico. La cameriera di un albergo, una viennese, aveva colpito il cuore di entrambi. La piccola Circe civettava con l'uno e con l'altro sicché non sapevano chi fosse prescelto. 'Una sera, io, Oliver Hardy, riuscii a parlarle per le scale... Alla sera ricevetti un suo biglietto: «Vi aspetto questa notte alle due, camera numero 130». Ero pazzo di gioia. Vi assicuro che di una cameriera così si potrebbe fare una vamp. Ma come potevo fare a liberarmi di Stan Laurel, che dormiva nella mia camera? Ebbi un pensiero. Infatti alle due in punto cominciai a lagnarmi forte che mi doleva la testa, il ventre, o che so io. Stan Laurel si alzò e disse: «Vado giù io a chiamare il medico, calmati», «No, Laurel del mio cuore, prendi questa ricetta e va nella più vicina farmacia a prendere il calmante che v’è segnato. Vacci tu poiché non vorrei che, andandoci un altro tardasse troppo. E io non ne posso più...». 

Diedi un foglietto di carta, che avevo preparato prima, a Laurel e questo andò via di corsa. Allora mi vestii, pian piano e con il cuore in festa mi avviai verso il numero 130. Mi aspettava la più amara delusione. Chiuso a chiave! Passeggiai a lungo nel corridoio, tornai a bussare. Niente. Dopo mezz’ora mi parve di sentire nell'interno della camera uno scricchiolio... Il mio cuore diede un balzo. E ridevo dentro di me pensando a Laurel che doveva esser rimasto di sasso nel non trovarmi in camera...». 

A un tratto la porta si dischiuse e apparve... Apparve Stan Laurel, con una faccia da schiaffi che non immaginate. Seppi la spiegazione dell'enigma il giorno dopo, quando ci rappacificammo. Io gli avevo, consegnato, per sbaglio, anziché la ricetta, il biglietto che mi aveva mandato la cameriera. E Laurel che se l'era letto per le scale, aveva subito...mangiato la foglia».

 

Al di là del dettaglio della nazionalità della cameriera, specificata viennese perché una italiana non avrebbe potuto essere così “facile”, il pezzo non è fra i migliori scritti da Zavattini. E, curiosamente, Laurel e Hardy non visiteranno mai Venezia. In Italia passeranno per cinque giorni intensi nella seconda metà di giugno del 1950, durante un giro promozionale per un film che dovevano ancora girare dal titolo Atoll K, l’ultimo della loro carriera, passando a Sanremo, Genova, Milano e poi Roma.