mercoledì 9 maggio 2012

Ho otto anni

Sei oltre il giro di boa, il quarto di secolo, ti senti un dinosauro quando entri in un pub, quando compri un quotidiano e l'edicolante ti dice, "Il resto Dottò", ti senti importante quando dai la mancia al benzinaio selfservice, non ti rendi del pericolo morale quando in farmacia sei ancora lì a chiedere tachipirina per un raffreddore e scruti di nascosto i preservativi, be', è segno che ci stiamo davvero invecchiando. Se pensate che sono fuori età per fare il provino per "Amici", peggio mi sento! Non sono parole di chi sta andando in pensione, ma di come me compie trent'anni esatti. Mi immaginate sposato con figli, come è accaduto praticamente a tutti quelli che conosco, o con un lavoro stabile, come accade..be quasi a tutti quelli che conosco? Macché, sono felicemente signorino e con duecento lavori alle spalle. Questo capita quando non si accettano compromessi e si cerca di essere coerenti con se stessi. Dopo un diploma come tecnico al montaggio video alla "Rossellini" di Roma, dieci anni fa, sono stato tutto tranne che un montatore, ma un vigile del fuoco, poi un tutor e formatore di editing per i tg Mediaset, e assicuratore. Esatto, sono stato uno scout per un po' di anni e ora sono un quotato maniaco sessuale. Al momento della pacchia finita, a venti anni, ho provato anche a fare l'attore, comparsando qua e là senza lasciare nessun segno, ma sono orgoglioso di aver partecipato come attore nel film "Benvenuti in Amore", un film di un mio amico delle superiori, Michele Coppini, uscito in DVD nel 2008, assaporando quell'aria da set che ho mancato per sciocca superficialità; quanti di voi hanno fatto l'errore di ascoltare gli altri per decidere sul proprio futuro? La cosa migliore è l'istinto, e se non avete fatto il Presidente del Consiglio sappiate che è il modo migliore per rendere la propria vita eccitante e, almeno, interessante.
Ho sempre avuto l’immagine di Renato Pozzetto in Da Grande (1987), dapprima messo da parte, anche dall’edicolante, poi, cresciuto, un attimo preso in considerazione anche per i suoi apparenti 40 anni. Pozzetto rimane, per tutto il film, spaesato di questo cambiamento per quanto alcuni suoi comportamenti continuano a sconcertare (“Sto facendo la pipì. Non si può più fare la pipì?”, si chiede mentre la fa addosso ad un muro, in pieno centro commerciale) e altri entrati nella normalità, tant’è che la sua voglia di giocare con gli altri bambini sarà scambiata per una abilità a fare il baby-sitter. Io mi sono sempre identificato in quel film, da piccolino volevo avere quella come esperienza. Diventare grande, perché sentivo di dover dire un sacco di cose. Fin da piccolo, ho sempre sparato cazzate, ma tante, e spesso azzeccavo la risata pure per mia incoscienza di quello che dicevo. Ubriaco fradicio di televisione sin da bambino (telefilm, cartoni, comiche) e di film, sentivo di avere una cultura tale nell’argomento che era come se mi avessi creato un repertorio mio. Senza talento e una scuola di recitazione, però, ero limitato. Sicuramente la mia esuberanza servì alle medie, per uscire da quell’inferno e per essere accettati. Facendo il buffone, ancora oggi incontro ex compagni delle medie che ricordano due recite che feci in seconda e terza media. Che si dice ad un ragazzo che ha esordito nel 1997 con “La lezione” di E. Ionesco? Continua con quella strada. Ma c'è sempre quel luogo comune che l’attore fa la fame. Ma per la mia passione del cinema, decisi – io, come molte cose nella mia vita – di andare ad una scuola di cinema. A dirla tutta non ho intenzione di scrivere qui la mia biografia, dovrei entrare nei dettagli della storia d’amore che ho avuto con Cameron Diaz, e non è il caso. Ma riflettendo ora, ho semplicemente corso i tempi che hanno colpito questo paese, dal 1994 in poi, con la volgarità, il pressapochismo, la rassegnazione, e l’abitudine al peggio quotidiano (televisivo, culturale, sportivo, politico), al quale siamo comunque rassegnati da molto prima del ’94, per quanto oggi sia così palese il furto che stanno facendo alle nostre spalle. Ho avuto la fortuna di crescere in un periodo generazionale dove l’unica ambizione era il motorino e saper correre abbastanza per fare tana libera tutti, dove il computer era un lusso per i secchioni e a mezzanotte tutti a casa. La grande cavalcata dagli anni Ottanta agli anni Novanta.
Al di là del lavoro, il mio hobby principale è l’eterna riconoscenza ai miei compagni di gioco di sempre, come i grandi Stanlio e Ollio, al vicino di casa impaziente e rissoso Paperino, all’amico trascinante John Belushi, ai terribili Monty Python, al cugino trasformista e particolare Peter Sellers, fino ad una lunga schiera di attori e comici che mi hanno portato fuori di ogni immaginazione, di ogni dubbio e di ogni dispiacere. Forse colpevoli di avermi reso così cocciuto, tale da continuare nella mia idea di fare nella vita ciò che mi piace davvero, anche per distaccarmi – con originalità, come ho sempre fatto, e me ne rendo conto solo ora – dal grigissimo quotidiano dove tutti, costretti, sono rassegnati. Sono stati i Belushi, gli Steve Martin, i Bill Murray, i Blues Brothers, gli Stan Laurel o Michael Palin, i Ricky Gervais o gli Jim Carrey, ad avermi dato negli occhi la forza di non dovermi mai rassegnare e di volere quello che veramente voglio io e chi mi sta accanto. Non ho paura, sono un eccentrico sovrappeso, almeno come continua a dire in giro Cameron Diaz dopo la rottura. E fortemente sciocco, nel senso stretto del termine, con tutti i pregi e i difetti di quella parola.

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