giovedì 4 agosto 2022

La vera storia dell'Oscar negato a Don Camillo

Dopo aver lavorato ad un documentario su cosa e perché i primi due film della saga di Don Camillo avessero due versioni girate in francese e in italiano, ritorno a parlare di un altro aspetto poco conosciuto che riguarda il primo capitolo, diretto da Julien Duvivier e noto semplicemente come Don Camillo (1952). Oggi è difficile trovare qualcuno che non abbia visto almeno un film con Fernandel parroco battagliero contro il sindaco comunista Gino Cervi, e per questo ritengo non ricordare di cosa parlassero. Il film ebbe un enorme successo alla sua uscita nel marzo del 1952, balzando nella classifica dei maggiori incassi di quell’anno con la cifra record di 1 miliardo e 468 milioni di lire, quanto bastò per girarne altri quattro fino al 1965 (o cinque, se contiamo anche il film Don Camillo e i giovani d’oggi, iniziato nel 1970 e non completato per la morte improvvisa di Fernandel) sempre con moderato successo.

Forte del trionfo ottenuto con il romanzo tradotto negli Stati Uniti nel 1950 con il titolo The Little World of Don Camillo, il film arrivò in America nel gennaio del 1953 con la voce d’eccezione per il commento fuori campo di Orson Welles. Ottenuti grandi consensi oltreoceano, si pensò persino di inserirlo nella lista dei film scelti dalla critica newyorkese come miglior film straniero, ma quanto pare a nessuno venne in mente di candidarlo ai premi Oscar del 1954. All’epoca gli States stavano vivendo un periodo caldissimo a causa della Guerra Fredda, e le attività antiamericane avevano reso molto tesi i rapporti nella comunità di Hollywood con i simpatizzanti comunisti: com’è noto agli storici, il senatore repubblicano Joseph McCarthy fu a capo della Commissione che indagava sul pericoloso “rosso” fra il 1953 e il 1955 – periodo definito “Maccartismo” – e fece di tutto per alimentare il boicottaggio contro i comunisti americani. Già alla fine degli anni Quaranta, molti artisti di Hollywood furono convocati per testimonianza volontaria (Walt Disney fra questi) o per rispondere all’accusa di avere simpatie di sinistra. Veniva colpito anche il solo pensiero liberale: a Charles Chaplin, in America dal 1912, fu proibito rientrare negli States non appena si imbarcò per andare a Londra in occasione della prima di Luci della ribalta, nel 1952. Se l’FBI indagava alla luce del sole, la CIA tramava nel buio, ed è qui che torniamo a Don Camillo

Luigi Luraschi, o' spione
Un nome è stato trovato da David N. Eldridge, professore all’università di Hull che nel 2000 pubblicò un dossier sul rapporto della CIA con Hollywood, quello di Luigi Luraschi. Di origini italiane ma nato a Londra nel 1906, era un poliglotta che parlava cinque lingue, incluso l’arabo, una formazione internazionale che Luraschi aveva grazie ai numerosi viaggi che compiva per la sua famiglia, impegnata in affari con una catena d’alberghi: nel 1933 entrò alla Paramount come responsabile degli affari esteri degli Studi, e tre anni dopo, nel ’36, fu incaricato nella corrispondenza con le succursali europee per le note di censura. I rapporti di Luraschi erano quindi governativi, in quanto la censura era rigidamente controllata dal Production Code Administration (un decalogo “morale” meglio noto come Codice Hays). Quando nel 1947 fu eletto come nuovo presidente della Motion Picture Association of America (MPAA), Eric Johnston, egli mise in atto la sua intenzione di migliorare i rapporti con i mercati internazionali chiedendo all’Academy di istituire un premio oscar alla categoria di Miglior Film Straniero. Era soprattutto una tattica commerciale astuta: in quel periodo gli incassi al botteghino stavano calando per l’avvento della televisione (negli Usa dal 1948), e per recuperare i costi l’America si stava affacciando in Europa per trovare accordi di co-produzione che avrebbero garantito più responso economico. Poiché l’anticomunismo era fortissimo anche in Italia, gli affari si fecero più velocemente. Tuttavia, la commissione dell’Academy che votava i film stranieri era stata capitanata da Luraschi nel 1950-51, 1953-55 e 1958, periodo in cui prendeva la macchina da scrivere e di nascosto faceva il consulente per la CIA, proprio tramite la Paramount. Anzi, scriveva proprio rapporti che non facevano che accrescere la paura comunista negli Stati Uniti. Non solo, Luraschi era così ligio al dovere che si preoccupava pure se Jerry Lewis faceva una parodia di uno scià arabo in Money From Home (I figli del secolo, 1953), ma solo perché in quel periodo i rapporti con l’Iran non erano idilliaci. In gran parte della corrispondenza del ’53, leggiamo due riferimenti a Don Camillo. Nella missiva del 23 febbraio si legge: “Penso che siamo riusciti a mettere da parte Il piccolo mondo di Don Camillo in modo che non ottenga l’Oscar per il Miglior film straniero. In realtà, personalmente non credo che questo film sia troppo pericoloso dal punto di vista politico, ma la sinistra era così intenzionata a farlo candidare tanto da aver fatto alcune campagne elettorali private per vedere il grande vantaggio nell’ottenere un Oscar; quindi, ecco perché sono andato proprio contro. Presumo che sia perché la fine del film indicherebbe che è possibile che comunisti e altri convivano felicemente insieme". Il 9 marzo rincara la dose: “Ho lavorato molto con i vari membri del Board of Governors dell'Academy of Motion Picture Arts and Sciences, per decidere il premio per il miglior film straniero. (…) Penso che siamo riusciti ad ostacolare Don Camillo”. La lettera si conclude con l’auspicio di aver messo abbastanza persone in fila per votare alla fine Jeux interdits (Giochi proibiti), film francese del 1952 diretto da René Clément, e così avvenne puntuale con la statuetta aggiudicata nella edizione del ’53. E dire che Giovannino Guareschi, apertamente anticomunista, aveva avuto la sua parte nello screditare la sinistra quando il partito perse alle elezioni del 1948, per le quali la CIA, con ironia della sorte per Luraschi, era intervenuta segretamente con ingenti somme per aiutare la propaganda della DC. Più che paranoia, Luraschi era spinto dal sentimento di voler cambiare la storia – inutile dire quali correnti politiche seguisse, ma aggiungo che era cattolico convinto – ma nonostante la preziosa documentazione raccolta da Eldridge provi quanto sopra scritto, la CIA potrebbe non aver influenzato troppo Hollywood, ma sono una testimonianza in che clima vivesse il popolo americano.

Ma Don Camillo era davvero sovversivo? Nei libri, e nelle versioni francesi girate dei due primi film, lo spirito era più duro e meno paesano di quanto il cinema abbia cambiato i personaggi, con aperta polemica dello stesso Guareschi che cercherà di inserire le sue idee per tutta la sua vita. Il tono sentimentale era più influenzato dal giudizio cattolico che pesantemente intervenne durante le riprese, suggerendo qui e là di alleggerire situazioni per loro blasfeme o poco ortodosse, e trasformando le storie del parroco con un tono dolciastro: il vogliamoci bene piacque molto al pubblico, eppure come raccontato oggi questi sentimenti potevano essere considerati rischiosi: ad oggi la CIA non ha mai smentito quanto riportato, e sulla verità dei fatti non possiamo che esserne certi.

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