sabato 30 dicembre 2017

Quando Peter Sellers non fece Baciami, stupido

Wilder e Sellers, set di Baciami stupido
Questa è la storia di uno sfortunato incontro fra due grandi artisti: quando la star del cinema inglese Peter Sellers incontrò il regista Billy Wilder.
Nel 1964, Sellers coronò il suo sogno personale: girare un film con l’indiscusso re delle commedie di Hollywood. All’epoca, aveva da poco girato Uno sparo nel buio, di Blake Edwards, secondo capitolo della saga della Pantera Rosa, ed era in lizza per il premio Oscar come Miglior Attore per il film di Stanley Kubrick Il dottor Stranamore, mentre Wilder era già collezionista di statuette ed aveva firmato capolavori come Viale del tramonto, A qualcuno piace caldo, L’appartamento. Quindi accettò la proposta di Wilder immediatamente.

Il film da girare era Kiss Me, Stupid (Baciami, stupido), la storia di Orville J. Spooner, pianista di professione, che attende da anni una opportunità per diventare famoso con le sue canzoni, finché nella sua sperduta città arriva per puro caso il famoso cantante italo americano Dino; complice un suo amico meccanico, gli manomette la macchina e riesce a convincerlo ad accettare la sua ospitalità, con la scusa di fargli conoscere le sue canzoni e mettendogli fra le braccia una famosa entraineuse spacciandola per sua moglie. Sellers viene scritturato per la parte di Orville, mentre Dean Martin ovviamente per quella di Dino, una parte scritta su misura, mentre Kim Novak è la “bionda esplosiva” che finisce fra le braccia dell’italiano. Wilder e il suo sceneggiatore di fiducia I. A. L. Diamond adattano una storia italiana, L’ora della fantasia di Anna Bonacci, già portato sullo schermo da Mario Camerini nel film Moglie per una notte (1952), e per questo desiderava in realtà un cast italiano: per un momento, si pensò seriamente a Monica Vitti nella parte che andrà poi alla Novak. 
Peter godette giorni da vera star hollywoodiana: l’attrice francese Capucine organizzò una festa in suo onore il 25 febbraio, in presenza di Blake Edwards, i coniugi Wilder, Jack Lemmon; il 6 marzo lasciò le sue impronte delle mani e dei piedi nel pavimento dello storico Grauman’s Chinese Theatre di Hollywood; il 20 marzo registrò la sua partecipazione al famoso Steve Allen Show (la puntata andrà in onda il 3 aprile), durante il quale deliziò il pubblico una lunga telefonata a Scotland Yard completamente improvvisata. Kiss Me Stupid, per il quale Peter doveva essere pagato 250,000 dollari più una percentuale sui profitti, era solo il primo film progettato da Wilder con Sellers attore; il secondo era una versione di Sherlock Holmes, con Peter O’Toole nei panni dell’investigatore inglese e Peter in quelli del Dottor Watson.
Ovviamente la stampa seguì la produzione visitando il set svariate volte. Il 20 marzo, Sellers dichiara: “Si sta dimostrando una meravigliosa opportunità, davvero molto piacevole”. Un altro pezzo viene scritto da Murray Schumach per il New York Times e si intitola “Peter Sellers e Dean Martin si divertono in 'Baciami stupido' di Wilder”: vengono riportate le continue interruzioni di riprese perché Martin non riusciva a trattenersi dalle risate per via delle espressioni di Sellers. “Come uno scolaretto con la ridarella”, Martin si scusava con la troupe cercando di riprendersi ma Peter lo faceva ridere solo con un ghigno. Un dirigente ospite di Sellers si rivolge al reporter per dirgli di star attenti, fa battute, ma è un perfezionista incredibile, continuamente preoccupato della sua performance, tant’è che una volta svegliò nel cuore della notte un regista inglese alla vigilia del primo ciak, tormentato dal “debutto”. Questo articolo è stato di un pessimo tempismo: parla di risate generali, professionalità e cameratismo fra gli attori, ma esce il 5 aprile 1964, proprio quando il set si ferma improvvisamente all’apice dei problemi.
Comunque, Wilder è entusiasta e non si preoccupa se la Novak è nota per essere capricciosa sul set, confida in Dean Martin, Mr. Rilassatezza, per avere una piacevole lavorazione.
Tuttavia, Sellers era sconvolto dalla disinvoltura che dominava il set di Billy. Regista autocratico sugli attori e sulla troupe, sembrava non esercitare alcun controllo sulla porta degli Studi. Alcuni registi tenevano il set blindato, ma all’inizio degli anni ‘60 Billy era così rilassato nel ruolo di comandante supremo del cinema che trasformò i suoi set nell’equivalente operativo del Romanisches Café, il famoso bar per artisti di Berlino: ed era una festa perenne con il continuo via vai di attori, scrittori, amici di sua moglie Audrey, compagni di poker. Il solitario Sellers non era d’accordo.
Quando si lamentava con Wilder di non riuscire a lavorare con così tanta gente attorno, il regista rispondeva: “Peter, fai come Jack Lemmon. Ogni volta che inizia una scena lui chiude gli occhi e dice tra sé e sé “E' tempo di magia!” e si dimentica di tutto il resto”. Questo portò molta tensione quando cominciarono a lavorare insieme, ma niente di più rispetto al normale stress che corre tra un tenace regista che richiede totale controllo e un’ipersensibile e stravagante star con problemi di egocentrismo. Famoso per le sue abili improvvisazioni, Sellers si ritrovò costretto a confinare le sue invenzioni alla sfera mimica e gestuale; le parole non andavano assolutamente alterate. Il fatto che Sellers non fosse felice non era una novità. Poteva essere geniale e affascinante se voleva, ma anche arrivare in studio nel tardo pomeriggio e far sprecare un'intera giornata di riprese. Era il prezzo da pagare per la sua performance.
"Fai come Jack Lemmon!"
Stando a  Jack Lemmon quella stessa settimana Sellers era stato afflitto da un massiccio orzaiolo sull’occhio destro. Sheilah Graham aveva dichiarato che Peter “sembrava avvicinarsi sempre di più all’esaurimento nervoso”. Era stanco, ansioso, irritato. Poteva inventarsi pezzi di scene fisiche che piacessero al suo regista-sceneggiatore, ma non poteva cambiare neanche una parola all’interno del dialogo. L’orzaiolo era, dal punto di vista clinico, una reazione isterica - una manifestazione corporea di ciò che Peter sentiva dentro di sé.
Sellers in quel periodo faceva la “bella” vita. Erba e anfetamine erano le sue preferite e ne consumava senza freni. Già estremamente nervoso per il suo bene, le automedicazioni di Sellers lo portarono a spingersi ancora più vicino alla catastrofe, nonostante né lui né i suoi amici e famiglia sembrassero rendersene conto. Sellers passava i giorni a monitorare la moglie, a seguire le esigenti istruzioni di Wilder e a odiare profondamente la sua esposizione sul set ad occhi sconosciuti; di notte fumava erba, sniffava popper e desiderava di non doversi presentare sul set di Kiss Me, Stupid il mattino successivo.

Dopo sei settimane di riprese, colse l’occasione di un giorno di riposo e chiese a Wilder 300 dollari in prestito, col desiderio di portare la famiglia e qualche amico a Disneyland. La carovana parte la mattina di domenica 5 aprile, lo stesso giorno della pubblicazione dell'allegro articolo del New York Times. Ma Wilder non rivedrà più la sua star insoddisfatta. Quella sera, tornati a casa, Sellers e Britt si sfogano a letto, quando all’improvviso Peter si sente molto male. Viene portato in ospedale e i medici lo mettono in osservazione: due giorni dopo, l’infermiera lo trova per terra fuori dal suo letto. Va in crisi cardiaca. Alle 4,32 del mattino dell’8 aprile 1964 il suo cuore si ferma per un minuto e mezzo. La stampa è già pronta a titolare “Peter Sellers è morto alle ore..”, ma fortunatamente questo non avviene. Il cuore riparte, e Peter è definitivamente salvo.
Il 9 aprile, Il corriere della sera riporta: “Un portavoce della casa  produttrice del film ha dichiarato di non avere alcuna idea di chi potrebbe rimpiazzare Peter  Sellers. «La sua parte — ha detto — è congegnata in modo tale che solo Sellers può  interpretarla»”. Infatti il 13 aprile l’attore Ray Walston, già attore nel film L’appartamento, viene chiamato per interpretare Orville. Sellers viene così sostituito dopo sei settimane di riprese, una scelta che non scuote tanto Wilder. Anzi, gli è attribuita questa dichiarazione: “Attacco di cuore? Devi avere un cuore, per avere un attacco”. Freddo e distaccato, Wilder decide di rigirare tutte le sequenze fatte con Sellers, ma non rimarrà comunque soddisfatto del risultato. “Non ho mai amato quel film, né credo mi sarebbe piaciuto di più con Peter Sellers, che era troppo inglese. Ma lo avevo scelto io, perché mi aspettavo chissà cosa da lui. Rimpiazzai Sellers, che era troppo inglese, ma non servì. Fu tutto sbagliato, dall’inizio alla fine. Era una commedia italiana e avrebbe funzionato in italiano. Non in inglese. Sellers parlava con un accento talmente marcato che non poteva mai aver vissuto dove la storia diceva di essere vissuto. Ma l’attore che lo sostituì era perfino peggio”. Alla domanda – inevitabile – che fine avesse fatto quel materiale, rispose, “Non ne ho la minima idea”.
(Ed i problemi non finirono neanche dopo aver messo fuori Sellers: Kim Novak l'8 maggio venne ricoverata al “Memorial Hospital” di Hollywood per problemi dorsali dovuti in seguito ad una caduta sul set).

Jack Lemmon in visita sul set
Intanto, Sellers se n’era andato ma la sua ombra era rimasta. E trovò voce propria in giugno. A quel punto completamente guarito e pronto per rimettersi in gioco, Sellers disse ad Alexander Walker dell’Evening Standard che a Hollywood, gli Studios “Ti forniscono ogni comodità possibile e immaginabile ad eccezione della soddisfazione di tirare fuori il meglio di te”. Si lamentò di tutti quei parassiti sul set di Kiss Me, Stupid e di quanto lo avessero distratto dal suo lavoro. Sellers inoltre non si fece scrupoli a parlare del suo malcontento riguardo allesigente e rigoroso controllo cui lo sottoponeva Wilder. Pochi giorni dopo la pubblicazione di questa intervista, Sellers ricevette un telegramma. “PARLA DEI CHIACCHIERONI POCO PROFESSIONALI”, firmato da Wilder. I suoi contenuti erano stati misteriosamente rilasciati alla stampa prima ancora che Sellers lo ricevesse.
La cosa lo amareggiò parecchio, e da come si legge nel Corriere della sera del 21 giugno 1964, “Peter Sellers sta forse  pensando di rinunciare  definitivamente all'attività  cinematografica. L'attore, che ha trentotto anni, e che sta riprendendosi nella sua casa del Surrey dalla malattia che lo portò in fin di vita, ha confidato a un  giornalista: “Sto pensando  seriamente di ritirarmi. Per il momento non ho proprio nessuna voglia di rimettermi a lavorare. Vorrei solamente andarmene in  giro per il mondo e non far  null’altro per il resto dei miei giorni”.
Sellers riceve la visita di Britt, la moglie, in ospedale
Il telegramma del chiacchierone cominciò a scottare. Sellers accusò profondamente l’ingiustizia di quell'attacco e, il 1° luglio, comprò un annuncio a tutta pagina su Variety per sfatare definitivamente quell'idea che lo dipingeva come “un inglesuccio ingrato e chiacchierone che non aveva fatto altro che abusare di Hollywood alle sue spalle”. Chiarificando “Io non sono andato a Hollywood per stare male. Ci sono andato per lavorare  e ho scoperto, con mio rammarico, che il mio lato creativo non poteva accettare le condizioni sotto le quali andava fatto il lavoro. E' una questione personale. Non ho critiche riguardo a Hollywood in sé, ne ho per quanto riguarda il lavorarci. L'atmosfera era sbagliata, per me. Allo stesso tempo chiunque è libero di dire che quello sbagliato sono io”.
L’ammenda arrivò ormai a frittata fatta: al “chiacchierone” Hollywood velatamente gliela fece pagare. Ad un anno esatto dal suo ricovero, il 5 aprile 1965, i premi Oscar vennero consegnati lasciando Sellers a bocca asciutta nonostante meritasse la statuetta per il triplice ruolo del Dottor Stranamore.
Niente più Sherlock Holmes – anche se Wilder riuscirà a realizzare la “sua versione” nel 1970 – mentre Sellers si butta nelle braccia dell’altro regista che più ammirava: Vittorio De Sica. Nel marzo del 1965 sbarca a Roma per parlare col regista di Ladri di biciclette, e si decide una storia di due imbroglioni, in coppia con Paolo Stoppa. A maggio, il soggetto cambia ma il film si realizza, e si intitolerà Caccia alla volpe, purtroppo non quello che si dice un film memorabile. Ma Peter trovò l’energia e le atmosfere giuste per lavorare ancora e regalarci nuovi capolavori, spesso diretti da Blake Edwards.
Col senno di poi, il film Baciami stupido era molto riuscito e piuttosto ardito per l’epoca, ma fu un fiasco di pubblico e di critica, che lo definì a torto volgare, ed ebbe molti problemi con la censura, persino in Italia dove venne vietato ai minori di 14 anni (divieto revocato solamente nel 1997).
(le dichiarazioni di Wilder provengono dal libro di Cameron Crowe Conversazioni con Billy Wilder, 1998; altre fonti utilizzate: On Sunset Boulevard: The Life and Times of Billy Wilder, di Ed Sikov, dello stesso autore anche Mr Strangelove; A Biography of Peter Sellers; ringrazio Chiara Mauli per l’aiuto insostituibile per le traduzioni dall’inglese).

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