martedì 12 marzo 2013

Erano quelli della domenica: Cochi e Renato

Lui era il magrolino aggressivo e sognatore, l'intellettuale un pò inglesino, l'altro era quello grassoccio e concreto, cinematograficamente più adatto con la testa quadrata e la voce del contadino spiccio.
Entrambi hanno sorpassato i settant'anni, sono stanchi e imbiancati, eppure, a quarantacinque anni dal loro esordio in televisione Cochi e Renato si esibiscono ancora, sempre con il repertorio del cabaret milanese che hanno contribuito, senza saperlo, a inventare e portarlo al successo. Prima in tv, e poi, per qualcuno di loro, anche al cinema. Il loro umorismo era un qualcosa di più di un gioco fra amici, chiamatelo cazzeggio o happening, se a loro faceva ridere, non interessava il senso ma l'effetto comico surreale. Forse senza rendersene conto, agli inizi, Cochi e Renato sfruttarono dei termini lessicali tipici della parlata lombarda, specie di quel periodo così lontano, gli anni Sessanta, per ridicolizzarne l'uso finto moderno. 
Arrivarono a quel mondo per pure coincidenze, loro amici d'infanzia sfollati di guerra con le famiglie a Gemonio, crebbero discoli e con l'affiatamento di ridere delle stesse cose, presero studi diversi ma a Milano cominciarono a frequentare un ambiente particolare e acculturato, fatto di nomi come Dario Fo, Piero Manzoni, che, sia chiaro, andavano nelle gallerie d'arte notturne con la stessa frequenza nelle osterie milanesi, quando si andava a mangiare qualcosa e si stava insieme per scherzare e, perché no, canticchiare qualche stornello. Questi due giovanissimi cominciarono così, per puro divertimento, a intrattenere gli ospiti della galleria e i clienti delle osterie, si strimpella alla chitarra qualche canzone milanese, giusto per avere spaghetti e vino.. Sono stati fortunati ad entrare in quel giro che non era di nicchia ma era zeppo di futuri artisti, come Giorgio Gaber, che insegnò loro a suonare la chitarra, o Enzo Jannacci, che li prende sotto la sua protezione e li fa crescere, aiutandoli nei testi e portandoli nei locali alternativi. Il loro primo contatto col pubblico sembrò essere quello della Osteria dell'Oca di Milano, tra il 1962 e il 1963. Il proprietario di un locale accanto all'osteria, Tinin Mantegazza, ha l'idea di aprire il "Cab 64" invitando i due, giovanissimi, ad esibirsi con le loro scenette improvvisate tra i tavoli dell'osteria. Prima paga, 3500 lire, ma con una condizione, almeno dieci spettatori in sala: niente quorum , niente soldi. 
A Cochi e Renato non mancò la gavetta dura, quella del pubblico semi deserto, dei fischi e dei camerieri un pò stronzi - ma a quel tempo non si dedicavano completamente al cabaret: Cochi era impiegato interprete (francese, inglese, russo) all'aeroporto milanese di Linate, Pozzetto era contitolare di un'impresa di impianti di ascensori con un ingegnere siciliano. La decisione di dedicarsi completamente allo spettacolo avvenne quando Jannacci e tutto il gruppo di amici (Lino Toffolo, Felice Andreasi, Bruno Lauzi), arrivarono al Derby Club di Milano, creando un lavoro di squadra, definito Il Gruppo Motore, diventato in breve tempo il punto riferimento del cabaret in Italia. Il Derby ora è sede di movimenti studenteschi eppure per molti anni fu il tempio assoluto di tutti gli aspiranti comici, nato per puro caso (aperto nel 1959 dai coniugi Gianni e Angela Bongiovanni, venne trasformato in locale da cabaret nel 1962 con il nome di Derby Club perché la sede di Via Monte Rosa 84 è a due passi dallo stadio di San Siro), divenne velocemente alla moda e portò alla culla nomi che fanno rabbrividire: Paolo Villaggio, i Gufi, Gianfranco Funari, i citati Lauzi, Andreasi, Toffolo, Jannacci stesso, Teo Teocoli, i Gatti di Vicolo Miracoli, Massimo Boldi, Giorgio Porcaro, ma anche Paolo Poli, Gabriella Ferri, e via elencando. Cochi e Renato diventarono famosissimi, e il loro repertorio crebbe, con canzoni come Ho soffritto per te, A me mi piace il mare, Lisa Beat, La gallina, È capitato anche a me, Un pezzo di pane, Gli indiani, divertenti quanto originali, debitori di un certo umorismo alla Campanile e al teatro di Ionesco. La storia della loro coppia inizia ufficialmente nel 1968, però, quando vennero infilati a forza da Enrico Vaime nel primo programma domenicale della RAI, Quelli della Domenica, perché i dirigenti sono preoccupati dalle reazioni fredde per il presentatore Paolo Villaggio mentre l'altra coppia del programma, Ric e Gian, non sono così esilaranti. Qualche puntata dopo il debutto, nel gennaio del 1968, ecco che appaiono questi due spaventati e spaesati giovanotti, Cochi e Renato, annunciati dal jingle si guardano un attimo e attaccano con "A me mi piace il mare". Accadde che il teatro si congelò nella famosa modalità findus. Neanche una risata, giusto l'applauso quando attaccano il refrain "Non si sa mai non si sa mai quello che al mondo ci può capitar..Non si sa mai non si sa mai quello che è stato non può più tornar.. Non si sa mai non si sa mai tre o quattro sbagli al giorno tu puoi far.. Ma se si tratta dopo di pagare io mi sento male, sai non si sa mai"...
Il pubblico televisivo era bieco e per niente pronto all'umorismo dirompente di Cochi e Renato, ma neanche ai monologhi di Fantozzi o alla cattiveria di Villaggio, anche se poi quest'ultimo riuscì a trovare le risate con il terribile professor Kranz, il numero più famoso che faceva al Derby. Siccome il loro contratto era settimanale e rischiavano il licenziamento - perché congelati furono il pubblico ma anche i dirigenti RAI, che non capivano cosa volesse dire La Gallina non è un animale intelligente - i due si fanno aiutare da Jannacci per i testi e tirano fuori sketch classici come quello della Scuola (ricordate? bravo, bene, settepiù). Risultato, i giovani colsero divertiti la presa in giro della scuola e il programma si allunga fino a giugno. C&R non si resero subito conto di cosa stesse accadendo finché, un pomeriggio, passarono davanti ad una scuola e si ritrovarono circondati da studenti festosi e impazziti, che scimmiottavano la loro assurda coreografia della gambetta che si alza a squadra: in quel momento capirono che il successo era arrivato. Per alcuni il loro umorismo era troppo surreale o troppo settentrionale, ma risultavano almeno simpatici per continuare in alcuni programmi negli anni successivi. "Il buono e il cattivo" (1972) e "Il poeta e il contadino" (1973) riuscirono a dare lo spazio a C&R ed al loro repertorio svitato, fatto sopratutto di canzoni, che a volte si ispiravano a quelle popolari nordiche e anteguerra, e di sketch per l'epoca abbastanza rivoluzionari, se pensate che fino a quel momento i numeri comici in tv erano le barzellette di Walter Chiari, di Gino Bramieri, le scenette marito&moglie di Vianello e la Mondaini, i monologhi strampalati di Paolo Panelli, tutti classici per carità, ma che rispetto alle idee folli - per il pubblico italiano - di C&R e compagnia bella diventarono giurassici. 
Rispetto alla nuova comicità inglese, quella del Derby non aveva nessuna disciplina e forse neanche il genio dei Monty Python, giusto per dire un gruppo che esplose negli stessi anni, eppure rappresentò una ventata di aria fresca. Quando il ciclo si esaurì, al top del successo, C&R proseguirono su strade separate, uno nel teatro e l'altro al cinema. Come scrisse Enrico Giacovelli, Renato diventato ora Pozzetto, fece un teatro anticonformista per passare ad un cinema conformista: e dopo un inizio promettente, Pozzetto si coprì del successo immediato per girare film comici popolari, alcuni davvero riusciti, altri un pò meno. L'estro surreale divenne una partecipazione straordinaria, nei suoi film, per non impegnarsi troppo e non spaventare il pubblico. Eppure, quando Pozzetto tentò di infilare l'umorismo di C&R, come in Sturmtruppen o in Saxofone, i risultati furono felici o almeno interessanti. Anzi, Pozzetto regista aveva un modo tutto suo, originale, di portare il surrealismo - sempre ancorato a fini concreti, non troppo lunari - assieme ai suoi amici del Derby, ma non sempre riuscì ad avere il successo sperato. Separati nel 1975 (ma attivi, almeno nei dischi, fino al 1979), C&R si ritroveranno ufficialmente nel 1999, sul set della fiction Nebbia in Valpadana. Torneranno poi in teatro, con discreto successo. Io li vidi a Roma nel 2008 al Brancaccio; avevo timore di trovarmi uno spettacolo patetico, alla fine gli anni pesano sul volto e sull'agilità, eppure i due non hanno la voce di un tempo ma ancora la forza comica di quei numeri, vecchi di quaranta, cinquant'anni, che facevano giovanissimi giusto per farsi due risate. E che invece, con la chitarra a mano e con la gambetta alzata, scrissero una pagina del nostro cabaret.

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