Con un tempismo unico, dedico qualche riga, da bravo ammiratore e collezionista di Billy Wilder, per ricordare i dieci anni dalla scomparsa, avvenuta il 27 marzo 2002, alla bella età di 96 anni. Praticamente gli è caduto il cuore dal sedere. Dotato di una ironia acuta e molto intelligente, Wilder (di origini polacche, si pronuncia Wilder, non Ualder, come molti americanizzano), studia a Vienna, fa il giornalista a Berlino, odora puzza di nazismo e si trasferisce, agli inizi degli anni Trenta, a Parigi. L'aria si fa pesante e va negli Stati Uniti. La sua carriera cinematografica inizia come sceneggiatore, specie per Ernst Lubitsch, il regista che poi avrebbe ammirato di più, tenendolo come punto di riferimento specie durante la stesura dei suoi copioni, 'come lo farebbe Lubitsch' era una frase incorniciata sulla sua parete del suo ufficio: il tocco malizioso e pungente avrebbe distinto le sue commedie migliori. Nella sua lunga carriera, costellata tutt'altro di successi, Wilder avrebbe messo in scena personaggi vittime degli eventi, complessati sessualmente, immorali, con un occhio molto moralista: sicuramente non ci andava leggero. Ironizzava sulla prostituzione morale e sociale, sui mass media, sul travestitismo, la ricerca al successo e su Hollywood, al servizio di attori come Jack Lemmon, con il quale girò sette film, Tony Curtis, William Holden, Walter Matthau, Marilyn Monroe, che rischiò di mandarlo in esaurimento, lo splendido trio del film "Testimone d'accusa", Tyrone Power, Marlene Dietrich, e Charles Laughton, ma anche James Cagney, che interpretò un film che potremmo definire istant-movie, girato sul Muro di Berlino quando il muro era in costruzione, Un, due, tre, splendido fuoco d'artificio del 1961. Non mi sento all'altezza di poter tracciare un profilo su Wilder, sappiate però che è il mio regista preferito, quasi tutti suoi film sono delle gemme e ha diretto alcuni dei miei preferiti, oltre ovviamente all'ultra classico "A qualcuno piace caldo" (1959), alcuni capolavori, come "Stalag 17", il già citato film con Laughton, da una opera di Agatha Christie, ma anche "L'appartamento" e "Prima pagina", ultimo gioiello della sua carriera, con la coppia Lemmon-Matthau. Era dotato di un umorismo cinico, tagliente, e di grandi abilità creative. Ha praticamente inventato il genere noir, ha scavato come non pochi sulle contraddizioni del successo e sull'America stessa: per questo, anche se vincitore di sette premi Oscar, di cui uno alla carriera, ed è stato acclamato come uno dei migliori registi del mondo, Wilder termina la sua carriera nel 1981, con il simpatico ma lontano dai suoi capolavori "Buddy, buddy", ancora con il binomio Lemmon-Matthau, praticamente condannato al silenzio. Quando morì, dieci anni fa, sono stati tanti a scrivere che nessuno è perfetto, ma forse Wilder lo era davvero.
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