sabato 30 dicembre 2017

Quando Peter Sellers non fece Baciami, stupido

Wilder e Sellers, set di Baciami stupido
Questa è la storia di uno sfortunato incontro fra due grandi artisti: quando la star del cinema inglese Peter Sellers incontrò il regista Billy Wilder.
Nel 1964, Sellers coronò il suo sogno personale: girare un film con l’indiscusso re delle commedie di Hollywood. All’epoca, aveva da poco girato Uno sparo nel buio, di Blake Edwards, secondo capitolo della saga della Pantera Rosa, ed era in lizza per il premio Oscar come Miglior Attore per il film di Stanley Kubrick Il dottor Stranamore, mentre Wilder era già collezionista di statuette ed aveva firmato capolavori come Viale del tramonto, A qualcuno piace caldo, L’appartamento. Quindi accettò la proposta di Wilder immediatamente.

Il film da girare era Kiss Me, Stupid (Baciami, stupido), la storia di Orville J. Spooner, pianista di professione, che attende da anni una opportunità per diventare famoso con le sue canzoni, finché nella sua sperduta città arriva per puro caso il famoso cantante italo americano Dino; complice un suo amico meccanico, gli manomette la macchina e riesce a convincerlo ad accettare la sua ospitalità, con la scusa di fargli conoscere le sue canzoni e mettendogli fra le braccia una famosa entraineuse spacciandola per sua moglie. Sellers viene scritturato per la parte di Orville, mentre Dean Martin ovviamente per quella di Dino, una parte scritta su misura, mentre Kim Novak è la “bionda esplosiva” che finisce fra le braccia dell’italiano. Wilder e il suo sceneggiatore di fiducia I. A. L. Diamond adattano una storia italiana, L’ora della fantasia di Anna Bonacci, già portato sullo schermo da Mario Camerini nel film Moglie per una notte (1952), e per questo desiderava in realtà un cast italiano: per un momento, si pensò seriamente a Monica Vitti nella parte che andrà poi alla Novak. 
Peter godette giorni da vera star hollywoodiana: l’attrice francese Capucine organizzò una festa in suo onore il 25 febbraio, in presenza di Blake Edwards, i coniugi Wilder, Jack Lemmon; il 6 marzo lasciò le sue impronte delle mani e dei piedi nel pavimento dello storico Grauman’s Chinese Theatre di Hollywood; il 20 marzo registrò la sua partecipazione al famoso Steve Allen Show (la puntata andrà in onda il 3 aprile), durante il quale deliziò il pubblico una lunga telefonata a Scotland Yard completamente improvvisata. Kiss Me Stupid, per il quale Peter doveva essere pagato 250,000 dollari più una percentuale sui profitti, era solo il primo film progettato da Wilder con Sellers attore; il secondo era una versione di Sherlock Holmes, con Peter O’Toole nei panni dell’investigatore inglese e Peter in quelli del Dottor Watson.
Ovviamente la stampa seguì la produzione visitando il set svariate volte. Il 20 marzo, Sellers dichiara: “Si sta dimostrando una meravigliosa opportunità, davvero molto piacevole”. Un altro pezzo viene scritto da Murray Schumach per il New York Times e si intitola “Peter Sellers e Dean Martin si divertono in 'Baciami stupido' di Wilder”: vengono riportate le continue interruzioni di riprese perché Martin non riusciva a trattenersi dalle risate per via delle espressioni di Sellers. “Come uno scolaretto con la ridarella”, Martin si scusava con la troupe cercando di riprendersi ma Peter lo faceva ridere solo con un ghigno. Un dirigente ospite di Sellers si rivolge al reporter per dirgli di star attenti, fa battute, ma è un perfezionista incredibile, continuamente preoccupato della sua performance, tant’è che una volta svegliò nel cuore della notte un regista inglese alla vigilia del primo ciak, tormentato dal “debutto”. Questo articolo è stato di un pessimo tempismo: parla di risate generali, professionalità e cameratismo fra gli attori, ma esce il 5 aprile 1964, proprio quando il set si ferma improvvisamente all’apice dei problemi.
Comunque, Wilder è entusiasta e non si preoccupa se la Novak è nota per essere capricciosa sul set, confida in Dean Martin, Mr. Rilassatezza, per avere una piacevole lavorazione.
Tuttavia, Sellers era sconvolto dalla disinvoltura che dominava il set di Billy. Regista autocratico sugli attori e sulla troupe, sembrava non esercitare alcun controllo sulla porta degli Studi. Alcuni registi tenevano il set blindato, ma all’inizio degli anni ‘60 Billy era così rilassato nel ruolo di comandante supremo del cinema che trasformò i suoi set nell’equivalente operativo del Romanisches Café, il famoso bar per artisti di Berlino: ed era una festa perenne con il continuo via vai di attori, scrittori, amici di sua moglie Audrey, compagni di poker. Il solitario Sellers non era d’accordo.
Quando si lamentava con Wilder di non riuscire a lavorare con così tanta gente attorno, il regista rispondeva: “Peter, fai come Jack Lemmon. Ogni volta che inizia una scena lui chiude gli occhi e dice tra sé e sé “E' tempo di magia!” e si dimentica di tutto il resto”. Questo portò molta tensione quando cominciarono a lavorare insieme, ma niente di più rispetto al normale stress che corre tra un tenace regista che richiede totale controllo e un’ipersensibile e stravagante star con problemi di egocentrismo. Famoso per le sue abili improvvisazioni, Sellers si ritrovò costretto a confinare le sue invenzioni alla sfera mimica e gestuale; le parole non andavano assolutamente alterate. Il fatto che Sellers non fosse felice non era una novità. Poteva essere geniale e affascinante se voleva, ma anche arrivare in studio nel tardo pomeriggio e far sprecare un'intera giornata di riprese. Era il prezzo da pagare per la sua performance.
"Fai come Jack Lemmon!"
Stando a  Jack Lemmon quella stessa settimana Sellers era stato afflitto da un massiccio orzaiolo sull’occhio destro. Sheilah Graham aveva dichiarato che Peter “sembrava avvicinarsi sempre di più all’esaurimento nervoso”. Era stanco, ansioso, irritato. Poteva inventarsi pezzi di scene fisiche che piacessero al suo regista-sceneggiatore, ma non poteva cambiare neanche una parola all’interno del dialogo. L’orzaiolo era, dal punto di vista clinico, una reazione isterica - una manifestazione corporea di ciò che Peter sentiva dentro di sé.
Sellers in quel periodo faceva la “bella” vita. Erba e anfetamine erano le sue preferite e ne consumava senza freni. Già estremamente nervoso per il suo bene, le automedicazioni di Sellers lo portarono a spingersi ancora più vicino alla catastrofe, nonostante né lui né i suoi amici e famiglia sembrassero rendersene conto. Sellers passava i giorni a monitorare la moglie, a seguire le esigenti istruzioni di Wilder e a odiare profondamente la sua esposizione sul set ad occhi sconosciuti; di notte fumava erba, sniffava popper e desiderava di non doversi presentare sul set di Kiss Me, Stupid il mattino successivo.

Dopo sei settimane di riprese, colse l’occasione di un giorno di riposo e chiese a Wilder 300 dollari in prestito, col desiderio di portare la famiglia e qualche amico a Disneyland. La carovana parte la mattina di domenica 5 aprile, lo stesso giorno della pubblicazione dell'allegro articolo del New York Times. Ma Wilder non rivedrà più la sua star insoddisfatta. Quella sera, tornati a casa, Sellers e Britt si sfogano a letto, quando all’improvviso Peter si sente molto male. Viene portato in ospedale e i medici lo mettono in osservazione: due giorni dopo, l’infermiera lo trova per terra fuori dal suo letto. Va in crisi cardiaca. Alle 4,32 del mattino dell’8 aprile 1964 il suo cuore si ferma per un minuto e mezzo. La stampa è già pronta a titolare “Peter Sellers è morto alle ore..”, ma fortunatamente questo non avviene. Il cuore riparte, e Peter è definitivamente salvo.
Il 9 aprile, Il corriere della sera riporta: “Un portavoce della casa  produttrice del film ha dichiarato di non avere alcuna idea di chi potrebbe rimpiazzare Peter  Sellers. «La sua parte — ha detto — è congegnata in modo tale che solo Sellers può  interpretarla»”. Infatti il 13 aprile l’attore Ray Walston, già attore nel film L’appartamento, viene chiamato per interpretare Orville. Sellers viene così sostituito dopo sei settimane di riprese, una scelta che non scuote tanto Wilder. Anzi, gli è attribuita questa dichiarazione: “Attacco di cuore? Devi avere un cuore, per avere un attacco”. Freddo e distaccato, Wilder decide di rigirare tutte le sequenze fatte con Sellers, ma non rimarrà comunque soddisfatto del risultato. “Non ho mai amato quel film, né credo mi sarebbe piaciuto di più con Peter Sellers, che era troppo inglese. Ma lo avevo scelto io, perché mi aspettavo chissà cosa da lui. Rimpiazzai Sellers, che era troppo inglese, ma non servì. Fu tutto sbagliato, dall’inizio alla fine. Era una commedia italiana e avrebbe funzionato in italiano. Non in inglese. Sellers parlava con un accento talmente marcato che non poteva mai aver vissuto dove la storia diceva di essere vissuto. Ma l’attore che lo sostituì era perfino peggio”. Alla domanda – inevitabile – che fine avesse fatto quel materiale, rispose, “Non ne ho la minima idea”.
(Ed i problemi non finirono neanche dopo aver messo fuori Sellers: Kim Novak l'8 maggio venne ricoverata al “Memorial Hospital” di Hollywood per problemi dorsali dovuti in seguito ad una caduta sul set).

Jack Lemmon in visita sul set
Intanto, Sellers se n’era andato ma la sua ombra era rimasta. E trovò voce propria in giugno. A quel punto completamente guarito e pronto per rimettersi in gioco, Sellers disse ad Alexander Walker dell’Evening Standard che a Hollywood, gli Studios “Ti forniscono ogni comodità possibile e immaginabile ad eccezione della soddisfazione di tirare fuori il meglio di te”. Si lamentò di tutti quei parassiti sul set di Kiss Me, Stupid e di quanto lo avessero distratto dal suo lavoro. Sellers inoltre non si fece scrupoli a parlare del suo malcontento riguardo allesigente e rigoroso controllo cui lo sottoponeva Wilder. Pochi giorni dopo la pubblicazione di questa intervista, Sellers ricevette un telegramma. “PARLA DEI CHIACCHIERONI POCO PROFESSIONALI”, firmato da Wilder. I suoi contenuti erano stati misteriosamente rilasciati alla stampa prima ancora che Sellers lo ricevesse.
La cosa lo amareggiò parecchio, e da come si legge nel Corriere della sera del 21 giugno 1964, “Peter Sellers sta forse  pensando di rinunciare  definitivamente all'attività  cinematografica. L'attore, che ha trentotto anni, e che sta riprendendosi nella sua casa del Surrey dalla malattia che lo portò in fin di vita, ha confidato a un  giornalista: “Sto pensando  seriamente di ritirarmi. Per il momento non ho proprio nessuna voglia di rimettermi a lavorare. Vorrei solamente andarmene in  giro per il mondo e non far  null’altro per il resto dei miei giorni”.
Sellers riceve la visita di Britt, la moglie, in ospedale
Il telegramma del chiacchierone cominciò a scottare. Sellers accusò profondamente l’ingiustizia di quell'attacco e, il 1° luglio, comprò un annuncio a tutta pagina su Variety per sfatare definitivamente quell'idea che lo dipingeva come “un inglesuccio ingrato e chiacchierone che non aveva fatto altro che abusare di Hollywood alle sue spalle”. Chiarificando “Io non sono andato a Hollywood per stare male. Ci sono andato per lavorare  e ho scoperto, con mio rammarico, che il mio lato creativo non poteva accettare le condizioni sotto le quali andava fatto il lavoro. E' una questione personale. Non ho critiche riguardo a Hollywood in sé, ne ho per quanto riguarda il lavorarci. L'atmosfera era sbagliata, per me. Allo stesso tempo chiunque è libero di dire che quello sbagliato sono io”.
L’ammenda arrivò ormai a frittata fatta: al “chiacchierone” Hollywood velatamente gliela fece pagare. Ad un anno esatto dal suo ricovero, il 5 aprile 1965, i premi Oscar vennero consegnati lasciando Sellers a bocca asciutta nonostante meritasse la statuetta per il triplice ruolo del Dottor Stranamore.
Niente più Sherlock Holmes – anche se Wilder riuscirà a realizzare la “sua versione” nel 1970 – mentre Sellers si butta nelle braccia dell’altro regista che più ammirava: Vittorio De Sica. Nel marzo del 1965 sbarca a Roma per parlare col regista di Ladri di biciclette, e si decide una storia di due imbroglioni, in coppia con Paolo Stoppa. A maggio, il soggetto cambia ma il film si realizza, e si intitolerà Caccia alla volpe, purtroppo non quello che si dice un film memorabile. Ma Peter trovò l’energia e le atmosfere giuste per lavorare ancora e regalarci nuovi capolavori, spesso diretti da Blake Edwards.
Col senno di poi, il film Baciami stupido era molto riuscito e piuttosto ardito per l’epoca, ma fu un fiasco di pubblico e di critica, che lo definì a torto volgare, ed ebbe molti problemi con la censura, persino in Italia dove venne vietato ai minori di 14 anni (divieto revocato solamente nel 1997).
(le dichiarazioni di Wilder provengono dal libro di Cameron Crowe Conversazioni con Billy Wilder, 1998; altre fonti utilizzate: On Sunset Boulevard: The Life and Times of Billy Wilder, di Ed Sikov, dello stesso autore anche Mr Strangelove; A Biography of Peter Sellers; ringrazio Chiara Mauli per l’aiuto insostituibile per le traduzioni dall’inglese).

mercoledì 13 dicembre 2017

"Storie di cinema" dedicata a Stanlio e Ollio

Succedono cose strane nella vita a volte difficili da raccontare, ma stavolta quello che è successo lo scorso 5 dicembre rimarrà negli archivi, e mi rimarrà sempre nel cuore. Succede che Tatti Sanguineti, proprio lui, il critico e storico del cinema che seguivo sin da quando ero un dilettante appassionato di primo pelo, chiede all’editore Carlo Amatetti di Sagoma di essere affiancato da uno dei curatori della prima edizione italiana della biografia di Stanlio e Ollio scritta da John McCabe 56 anni fa, e che si intitola Mr. Laurel e Mr. Hardy, per una puntata del suo programma “Storie di cinema” (Iris, canale 22, ore 23). Carlo suggerisce il mio nome, poi aggiungo Gabriele Gimmelli, per contrapporre la mia informalità con la sua presenza accademica, ed ecco che ci ritroviamo a Cologno Monzese a parlare di Stan e Babe e del loro genio comico. 

Io e Gabriele siamo solo due del gruppo che ha lavorato a questa edizione critica del libro di McCabe, e in rappresentanza abbiamo portato il nostro sapere, i baffi e il tradizionale Fez rosso del club I figli del deserto. Non sapevamo se era una trappola oppure veramente Iris aveva deciso di promuovere il nostro virus comune, Laurel e Hardy, e le calorose telefonate con Tatti ce lo avevano confermato. Bisognerebbe aprire una parentesi lunga un chilometro solo per raccontare il rapporto con Tatti (permettendomi di dargli del tu, visto che a lui salamelecchi tipo dottore, professore, li odia), le gentili parole che ha speso per noi due, e soprattutto per il libro, ma la puntata che è venuta fuori – per la quale ringrazio di cuore il produttore, Daniele Boschetto, infaticabile e disponibilissimo – è il risultato di tutta una preparazione che, curiosamente, è andata su un’altra direzione. Senza prepararci molto, avevamo portato però delle clip piuttosto rare a disposizione del programma, poi non usate – sembra per motivi di diritti – ma poco male, è stato divertente e sembra gradito dagli spettatori. 
Lo meritavano Laurel e Hardy e questo fantastico libro. E mai avrei immaginato di finire in televisione a parlare di un testo che avrei voluto leggere in italiano sin da quando scoprii l’esistenza. C’erano ancora le Guerre Puniche.

Non finirò mai di ringraziare Sanguineti, che ci ha permesso di entrare in un meccanismo televisivo che non conoscevamo, soprattutto nelle sue mani trasformato in qualcosa più vicino allo spettatore che al critico di cinema. “Niente scuole di cinema. Io sono cresciuto a pane e salame”, ci ha detto. E noi ne sentiamo ancora l’odore. Quindi, grazie Tatti.
A proposito: cliccate qui per rivedere la puntata.

sabato 18 novembre 2017

Paperone, il doppiaggio ritrovato

Ho già parlato a più riprese del cortometraggio che vide il debutto del personaggio di Paperon De’ Paperoni, intitolato Scrooge McDuck and Money e intitolato da noi Paperone e il denaro.
Distribuito nel 1967 e doppiato in molti paesi inclusa l’Italia, oggi è praticamente invisibile, per quanto abbia una importanza storica per la Disney. Mai uscito in home-video, gli appassionati hanno però potuto vederlo su YouTube in una copia mediocre e, come ho scoperto da poco, pure incompleta.
Dopo aver approfondito le ricerche sul possibile passaggio in Italia, e raccolto la lista dei dialoghi italiani in occasione della uscita nei cinema nel 1977, mi sono consultato con l’amico Nunziante Valoroso, massimo esperto Disney e autore di un libro che vi consiglio altamente sulla storia di Roberto De Leonardis, direttore di doppiaggio fondamentale per tutti i film Disney arrivati in Italia (incluso Paperone e il denaro), e scopro che probabilmente questo corto era stato doppiato prima, per la televisione. Lui ricordava uno special natalizio sui canali Rai, mentre io trovavo due tracce del corto doppiato in italiano in due trasmissioni che c’entravano veramente poco con i cartoni animati: Passaggio obbligato, nel 1975, programma sulla economia, e Serata America, 1984, condotto da Beniamino Placido. Ed è incredibile: il primo trasmette l’inizio e una parte del finale, mentre il secondo usa l’ultima parte per chiudere il programma. Manca quindi la parte di mezzo. Ieri sera però mi sono divertito a sincronizzare quello che ho intanto raccolto usando una copia finlandese (di cui rimangono i sottotitoli) e questo è il risultato:


Sono sicuro che la prima domanda che vi porrete sarà sulla voce di Paperone: ebbene, dopo alcune ipotesi condivise con Nunziante e con Benedetto Gemma, la verità è venuta fuori grazie ad un commento lasciato in questo post da un anonimo. La voce era di Roberto Bertea. Avete presente quando avete il nome sulla punta della lingua? Bertea era stata la voce del nato Dotto nella riedizione del 1972 del film Biancaneve e i sette nani, e il confronto è inequivocabile. L'orecchio esperto può aver riconosciuto una voce diversa quando Paperone canta, e molto probabilmente fu così, perché potrebbe trattarsi persino dell'attore Riccardo Billi.
Quindi Bertea fu il primo doppiatore di Zio Paperone, un personaggio poco usato dall’animazione e che infatti sarà ripreso molti anni dopo, nel 1983, con Il canto di Natale di Topolino: lì veniva doppiato da Mario Milita. In seguito, con la serie tv Ducktales, veniva doppiato da Gigi Angelillo, poi da Giorgio Lopez e, recentemente, da Fabrizio Vidale per la nuova serie delle avventure dei Paperi.
Un altro pezzo intanto è stato recuperato, tratto dalla trasmissione Serata America e dove potrete sentire le voci di Qui, Quo e Qua, stavolta facilmente identificate in quella della mitica Isa Di Marzo.

lunedì 13 novembre 2017

Mr. Laurel e Mr. Hardy, suppongo

Sottotitolo: l'unica biografia autorizzata di Stanlio e Ollio. 
Era necessario, da parte della Sagoma, colmare questo buco durato ben 56 anni dalla prima edizione. E lo ha fatto chiedendo una mano ai Figli del deserto, il fan club di Stanlio e Ollio, per la traduzione e l’eventuale aggiornamento dove John McCabe ha lasciato lacune e inesattezze. Si è deciso di prendere l’edizione più completa e raggruppare tutte le fotografie che l’autore aveva raccolto negli anni. Le uniche differenze sono una filmografia più completa – in coppia e da soli – e due introduzioni: una, di Benedetto Gemma, presidente della sezione che si è occupata del libro, dove spiega le scelte e le difficoltà incontrate nella traduzione, e l’altra di Ficarra e Picone. I due comici palermitani, grandi fan della coppia, si sono uniti allo squadrone di comici che hanno voluto diffondere e sostenere questo libro: il nome di Stanlio e Ollio è ancora oggi più vivo di prima. Nel mio piccolo, ho delle responsabilità anche io. Il sottoscritto aveva punzecchiato l’editore Carlo Amatetti per anni, spiegandogli la necessità di avere in Italia una biografia definitiva sulla coppia visto che non era stata ancora pubblicata, e quando abbiamo finalmente trovato i detentori dei diritti (nessuna casa editrice, il libro è fuori catalogo, ma semplicemente il figlio, Sean McCabe) siamo partiti con il lavoro di traduzione (a dover di cronaca opera di altri: Gemma, Gabriele Gimmelli, Chiara e Luca Mauli, Gabriele Chiffi, Nunziante Valoroso, Stefano Cacciagrano) e di supervisione (qui alzo la mano, oltre ad aver scritto decine di note). Personalmente, volevo questo libro in italiano da quando ho cominciato a studiare la loro storia. E ora che questo è realtà, e mi vede coinvolto assieme agli altri amici, mi rende orgoglioso.
Mr Laurel e Mr Hardy è un libro importante, divertente e anche commovente. Aggiornato qui e là, possiamo definirlo completo. E attenzione, qui leggerete la loro vita. I loro film, dovete solo vederli, e riderne di cuore. 
Il libro esce il 30 novembre in tutte le librerie ma potrete prenotarlo cliccando qui.

lunedì 23 ottobre 2017

Al diavolo la celebrità

manifesto del ciclo
Alla riscoperta di 7 registi dell'(altra) commedia all’italiana.
Torna l’appuntamento con il ciclo di incontri sul cinema curato da me e Andrea Persica organizzato dal circolo letterario Bel-Ami. Dopo il ciclo che ha avuto un buon riscontro sul cinema comico e la censura, ci sembrava doveroso scavare le biografie di sette autori che si sono distinti nel genere della commedia brillante e nella farsa, e che schiacciati dal confronto con Mario Monicelli, Dino Risi, Ettore Scola, per citarne alcuni, non sono finiti nelle pagine delle storie del cinema che contano. Forse, non era nei loro piani entrarci, mandando al diavolo la celebrità.
E questa volta abbiamo realizzato un promo:
 
Ecco le date degli incontri che dovrete segnare sul vostro calendario di Frate Indovino,

25 ottobre – Steno – Regista popolare, di quantità – oltre 70 film diretti, e praticamente solo commedie eccetto due polizieschi – ma dignitosamente di mestiere: ha diretto tutti, da Sordi a Totò, da Mastroianni a Pozzetto, fino a Diego Abatantuono e Christian De Sica. Nella sua filmografia ci sono le collaborazioni con Monicelli agli inizi di carriera al servizio di Totò, e grandi classici come Un americano a Roma e Febbre da cavallo. Tutti conoscono i suoi film, pochi lo conoscono. E’ il destino di chi era ossessionato dalle gag come lui, artigiano della risata semplice e immediata.
 
 29 novembre – Pietro Germi – Alla commedia ci arrivò in un secondo momento della sua carriera, e ne diresse poche ma buonissime, le migliori del decennio degli anni ’60, come Divorzio all’italiana o Signore e Signori. Commedie di costume molto cattive, contro una società idiota che vuole le regole e poi perde velocemente la bussola. Grande direttore di attori – lanciò di fatto Adriano Celentano – lasciò che il suo ultimo progetto, poco prima di morire, lo dirigesse il suo migliore amico, Mario Monicelli: il film Amici miei è dedicato a lui.
 
 
31 gennaio – Luciano Salce – Sono famosi i suoi film, meno lui come autore e attore. Avrebbe meritato l’Oscar dell’incomprensione: scoprì Ugo Tognazzi attore a tutto tondo, diresse i primi due film della saga di Fantozzi, Salce era intelligente e acuto come autore, spiritoso come attore. Troppo, per piacere alla critica snob. E c’è ancora chi non gli perdona lo sberleffo contro i comunisti che non vogliono andare al potere del suo film Colpo di Stato, oggi condannato all’oblio. Come Salce, del resto.
 
 28 febbraio – Antonio Pietrangeli – Come Alberto Lattuada, fu etichettato come il regista delle donne. Pietrangeli in effetti diresse belle commedie di psicologie femminili, ben dirette e mai banali. Alla Sandrelli offrì il ruolo di una vita, Io la conoscevo bene. Ed oggi, quando si vede un film dove una donna si aggira fra le solitudini e le malinconie, si riconosce subito il marchio di Pietrangeli, poco lodato dalla critica che conta.
 
 28 marzo – Nanni Loy – E’ universalmente noto per aver introdotto la candid camera nella nostra televisione, nel famoso programma “Specchio segreto”. Ha poi introdotto questa sua tecnica di osservazione dei costumi italiani in film bellissimi come Detenuto in attesa di giudizio o in Cafè Express, e ritratto Napoli con film tipici ma molto sentiti, come Mi manda Picone. Quelli che predicano la verità, però, sono poi invitati al silenzio. Come Loy, ricordato più per le candid che per i suoi film.
 
 
 
 
30 maggio – Sergio Corbucci – La commedia di costume diventa scostumata, sboccata ma sanamente divertente: Corbucci, non proprio la finezza fatta persona, venne velocemente cestinato dalla critica come il regista dei film usa e getta, perché lo stampo era quello dei titoli da mandare in onda su Canale 5, zuppi di spot e poco interesse. Invece, fu maestro del cinema western casalingo, e diresse alcuni classici, come I due marescialli con De Sica e Totò, Ecco noi per esempio con Celentano e Pozzetto, La mazzetta, arlecchinata con pistole e Manfredi, e alcune commedie con Bud Spencer e Terence Hill. Forse si è fatto troppi soldi dietro le poche idee, eppure i suoi film li conoscete a memoria.
 
 27 giugno – Ugo Tognazzi – E’ qui ricordato il regista, autore di cinque film tutti non riusciti appieno, ma realizzati con una certa dignità, fra l’assurdo e il concreto, tipico di un attore coraggioso e provocatorio come lui. Il Tognazzi regista è meno noto del Tognazzi attore, entrambi necessari di una rivalutazione ad omaggio di un gigante fra i giganti. Da Il Mantenuto a I viaggiatori della sera, ripercorriamo le idee di un regista tutt’altro che banale, ossessionato dal sesso, dalla morte, cercando di parlare di temi alti con la dignità di chi sa che dietro una vera risata può esserci l’occasione di denunciare la società corrotta. Per questo, rispetto agli altri “mostri” della commedia all’italiana, come Sordi e Manfredi, Tognazzi regista è stato poi dimenticato, come gli anziani che vengono condannati alla morte dietro una crociera premio, come si vede nel finale del suo ultimo film.

DOVE, COME QUANDO?

Ogni ultimo mercoledì del mese
dalle ore 19:30 alle 21:00
Via di Alberico II, 37
(Zona Metro Lepanto)

Il ciclo di incontri è gratuito.
Si richiede un contributo per l’associazione ospitante Oroincentri di 2 euro. Nessun costo per i soci effettivi del circolo.

Maggiori informazioni e prenotazioni: eventi@bellami.it
 

mercoledì 2 agosto 2017

Paperone sul grande schermo

Gli appassionati di fumetti Disney, specialmente quelli con protagonista Zio Paperone, sanno benissimo che le basi del personaggio e di tutto il mondo dei Paperi sono opera di uno dei più grandi geni dello scorso secolo: Carl Barks. E come molti di loro, me incluso, si saranno chiesti come mai le straordinarie avventure di Paperone e soci non hanno mai avuto una trasposizione cinematografica al tempo che Barks era in piena attività (dagli anni ’40 al 1967, anno del suo voluto pensionamento), e abbiamo dovuto aspettare la fine degli anni ’80 per vederlo finalmente in azione con la storica serie televisiva Ducktales. Anche se spesso l’animazione non era il massimo, e le storie a volte cadevano nella ingenuità imbarazzante, le Ducktales sono rimaste nel nostro cuore -  anche se avevano curiosamente tagliato quasi fuori il personaggio di Paperino – e gli esperti avevano riconosciuto alcuni soggetti ispirati direttamente dai fumetti di Barks. Ora, trent’anni dopo, la serie torna in televisione con uno stile completamente rivisto e che stiamo tutti aspettando di vedere. Il 12 agosto, su DisneyXD, saremo lì.
La risposta alla domanda su un mancato cartone animato di Paperone ai tempi del boom nei fumetti c’è, ed è piuttosto sconcertante. Almeno, anche se mi risulta essere stata raccontata in italiano molto brevemente da Alberto Becattini (sul n.47 della collana La grande dinastia dei paperi), c’è un bell’articolo di Geoffrey Blum e Thomas Andrae apparso sul numero due della collana (dal titolo interminabile) The Carl Barks Library of Walt Disney's Uncle Scrooge One Pagers in Color (Agosto 1992, qui a destra), e che si intitola semplicemente Scrooge on the Screen.
L’articolo di nove pagine contiene soprattutto tutto quello che sopravvive di una corrispondenza fra  Jack Kenneth Peterson, capo dipartimento delle sceneggiature agli Studi Disney, e Carl Barks, l’uomo dei paperi, dove per circa cinque mesi hanno cercato una storia adatta per un possibile cortometraggio con Paperone e il nipote Paperino. A Peterson non sfuggì l’enorme successo che riscontrava lo Zione nei fumetti, e quando decise di scrivere a Barks era il 4 gennaio 1955. Si legge, fra l’altro: “Se sei interessato a questa idea e sei in grado di lavorare al di fuori dei termini del tuo contratto con Whitman, per favore fammi sapere. Altrimenti, apprezzerò anche di avere una linea guida da te in modo da farla conoscere al reparto [di animazione]”.
La risposta di Barks non si fece attendere, e dopo solo sei giorni inviò nove pagine manoscritte di una possibile idea con a seguito note e schizzi da poter utilizzare. Nelle parole di Barks, “Il tema su cui si basa la vicenda è quello del contrasto tra la vita semplice e serena del moderno lavoratore (Paperino) e quella completamente opposta del suo capo (Zio Paperone)”.
Ed è questa la sinossi tradotta (riproduciamo alcuni rari sketch realizzati apposta da Barks):

“La scena inizia con Paperino nel suo letto, circondato da qualsiasi comodità moderna. Quando suona la sveglia si limita a spingere qualche pulsante e la colazione gli viene servita a letto. Non ha neanche bisogno di alzarsi per mangiare.
Si dirige al lavoro (mentre il narratore chiarisce il fatto che egli sia completamente assicurato in caso di malattia, e che un'altra assicurazione gli coprirebbe le spalle se dovesse perdere il lavoro. Egli è ben pasciuto e sereno). Lavora nel deposito di Zio Paperone dove gestisce una macchina di smistamento di monete automatica, per cui l’unica cosa che il papero ha da fare è starsene seduto su una sedia a fischiettare. Le monete che saltano fuori dai tubi della macchinario atterrano nei rispettivi compartimenti a tempo di musica.
Zio Paperone è un capo serio e indaffarato, concentrato sui suoi registri contabili. Ma ha comunque modo di tenere le orecchie tese e controllare che Paperino mantenga sempre lo stesso ritmo di lavoro. Zio Paperone si assicura inoltre che Paperino non lasci il posto di lavoro neanche un secondo prima della campana di mezzogiorno. 
Per mostrare quanto veramente sia agiata la vita del lavoratore, Paperino riscatta la paga del mattino mentre va a pranzare, e paga un venditore di auto di una lussuosa concessionaria con parte dei soldi riscossi. Ancora tre settimane e potrà permettersi di uscire da li con una piccola macchina sportiva rossa fiammante. Paperino mangia il suo pranzo in un cafe affollato e rumoroso, con un jukebox che salta e spara musica. Un posto allegro, pieno di sorrisi e risate, corredato di un cuoco che afferma che le persone felici e senza preoccupazioni hanno meno problemi di digestione. Un altro punto a favore per il lavoratore.
Al contrario, il pranzo frugale di Zio Paperone, fatto di cracker e formaggio comprati all’ingrosso, appare molto più cupo. Ma Zio Paperone ha sue buone ragioni per mangiare in modo cosi parsimonioso. Lui risparmia. Anche lui è stato giovane come Paperino, certo. Ma ha sempre risparmiato i suoi soldi e guardate cosa ne ha ricavato - tre ettari cubi della proprietà. 

Prima che Zio Paperone inizi a mangiare il formaggio, deve ascoltare la radio... Si sa, i pezzi grossi devono sempre essere al corrente delle novità... La radio però annuncia che la città è stata assediata da una colonia di ratti. Zio Paperone è fuori di sé. La sua più grande paura è che i ratti riescano ad entrare nel deposito e mangiarsi miliardi di dollari in contanti. Zio Paperone barrica le finestre e blocca le porte. Si siede sul pavimento terrorizzato, ma prima che riesca ad addentare il formaggio viene assediato da un ratto determinato a rubargli il cibo. Il ratto scuote le imposte, bussa alla porta e prova ad entrare per tentativi all’interno dell'edificio. Intanto Zio Paperone tenta di mandar giù il pranzo come meglio può, mostrando il contrasto tra la sua tormentata pausa pranzo e quella del suo fortunato impiegato, che invece balla a tempo di musica su uno sgabello.

Il ratto riesce ad entrare, e qui inizia una sostenuta battaglia fra i due personaggi. Zio Paperone mette all’angolo il ratto e sta per sparargli, ma il ratto si impadronisce di una banconota e la mostra a Paperone, che toglie la sicura all’arma. Il ratto guarda il valore della banconota e la getta via e ne prende un’altra ben più sostanziosa. Zio Paperone abbassa lo sguardo sotto la canna del fucile, vede la scritta “10,000$” e impazzisce.
Non può sparare a una banconota da 10,000$, così mette da parte l’arma e tenta di colpire il ratto, che per tutta risposta si mette la banconota tra i denti, minacciando Paperone di mangiarsela. Paperone è impietrito. Il ratto percepisce l'enorme potere che ha su Paperone con quella banconota tra le mani. 
Non ha che da fare un cenno e Paperone sarà costretto a ordinare del formaggio.
Ma il ratto subito abusa di questo potere. Costringe Paperone a portargli formaggi dopo formaggi, una scelta di Roquefort, Camembert e fini formaggi svizzeri, che il ratto però rifiuta perché troppo scadenti per il suo palato raffinato. Alla fine Paperone ha da ordinare il formaggio più costoso del mondo, l’ODORA DI PUNGENTO, che gli viene portato direttamente dalla grotta di montagna con una macchina blindata e servito al ratto su un cuscino di velluto accompagnato da squilli di trombe. Ciò soddisfa il ratto che si prepara da intenditore per gustarsi questo lusso. Zio Paperone intanto sguinzaglia la sua calcolatrice e controlla l'ammontare della spesa. 
Tanti soldi per il formaggio, altrettanti per la macchina blindata, per il cuscino di velluto, la paga dei trombettisti, ecc... Il totale è di diecimila dollari e UN CENTESIMO! Ruba il formaggio da sotto il naso del ratto, “Riprendetevelo”, dice al formaggiaio, “È più economico lasciargli mangiare i soldi”.
Paperone qui rasenta quasi la follia, sbraita e starnazza e caccia fuori il ratto che ritorna nel duo bidone della spazzatura, felice di ritornare alla sua vita.
Paperino torna sereno al lavoro, allegro, con lo stomaco ben pieno. Paperone, collerico e starnazzante, beve della soda e lo scruta con profonda invidia. Dal commento del narratore, l'operaio l’ha avuta vinta”.


In questa lunga missiva del 10 gennaio ’55, Barks scriveva chiaramente che qualora non sarebbe diventato un cartone animato, si prendeva la libertà di farne una storia a fumetti, per quanto l’idea ricordasse una sua recente pubblicazione, “Too Safe Safe” (Paperino e l’impervi-cera, pubblicata sul numero 171 di Walt Disney’s Comics and Stories, dicembre 1954), e il macchinario che smistava i soldi sarà la base della copertina che Barks realizzerà per il numero 10 di “Uncle Scrooge” (giugno 1955), che riportiamo qui sotto.
Peterson scrive una nuova lettera a Barks il 14 febbraio. Barks aveva da poco visitato gli Studi Disney e visto degli storyboards di Paperone e Paperino. È evidente, dalla lettera di Peterson, che la sinossi di Barks non era stata rispettata: “Stiamo ancora lavorando all’idea di Paperone e Paperino che avevamo sul tavolo nel momento in cui sei stato qui. Speriamo di modellare questa storia per un primo sforzo. Potremmo ancora essere interessati ad utilizzare la tua storia successivamente”. Gli Studi avrebbero lavorato alla storia ancora per un mese, o giù di lì, prima di lasciarla a Barks per un eventuale fumetto; ma solo dopo 4 mesi, il potenziale progetto di avere come star Paperone in un cartone animato viene definitivamente annullato con questa lettera da Peterson, datata 6 maggio 1955.
Siamo sempre più coinvolti nel nostro programma televisivo, e la possibilità di fare un cortometraggio di Paperone sembra essere sempre più remota. In queste circostanze, ti rimandiamo il materiale su Paperone che ci hai presentato, che probabilmente potresti utilizzarlo nel tuo lavoro di fumetto come mi hai detto”.
L’impegno degli Studi con la tv stava diventando effettivamente intenso, ma è più probabile che gli animatori non sapessero come realizzare una storia con un personaggio così arcigno ed avaro, e con una evidente difficoltà di trovare la voce più adatta. Inoltre è fondamentale ricordare che nel 1955, solo la serie con Paperino aveva continuato a produrre dei cortometraggi, mentre Topolino e Pippo erano fuori dalla partita da due-tre anni: in quell’anno, solo quattro cartoni saranno prodotti con Donald. La stagione dei “corti” era giunta ormai alla chiusura.
Zio Paperone dovrà aspettare dodici anni, e senza Barks, prima di debuttare nel cinema, con il corto Scrooge McDuck and Money (1967), seguito, un altro decennio dopo, da Mickey’s Christmas Carol (1983).
Sì, una certa licenza artistica..
Anche se suggerito più volte da Peterson, il grande Barks non ne fece mai una storia a fumetti. Per nostra fortuna, i disegnatori di fumetti sono anche grandi appassionati, per questo anche se non vide la luce su pellicola, ha ispirato ben due storie: Zio Paperone e il riscatto del roditore (scritta e disegnata dal danese Daan Jippes; 2002) e Zio Paperone e l’invasione di topi (scritta da Geoffrey Blum, come si è visto un grande appassionato di Barks, e disegnata da Massimo Fecchi; 2004).
A riguardo Scrooge McDuck and Money e l’incapacità degli animatori Disney nel realizzare un cartone animato con zio Paperone, c’è una curiosa postilla che riguarda proprio Barks: il 14 settembre 1967, il regista George R. Sherman gli inviò di quel corto un “cel”, uno dei fogli usati dalla produzione per sovrapporre l’animazione, con la nota, “Non dirlo in giro, ma penso che il tuo Paperone sia il migliore di tutti quelli realizzati dal nostro staff d’animatori”. Oggi sopravvive qualche originale foglio di cel con la firma di Barks, probabilmente questo che pubblichiamo è quello che ricevette da Sherman.
foglio di cel firmato da Barks
In effetti, dal punto di vista dell’animazione, il Paperone di quel corto era spigoloso e ben diverso da quello barksiano e di qualunque altro fumetto dell’epoca. Responsabile dell’animazione di quel corto fu Ward Kimball, una leggenda dei cartoni animati e uno dei Nine Old Men (come furono battezzati i nove animatori storici della Disney). Intervistato nell’agosto del 1985 da Geoffrey Blum, Kimball rivelò di non aver mai dato peso al mondo dei fumetti Disney, tanto da rimanere sorpreso quando gli venne detto che Barks era uno dei migliori artisti di quel campo. Quando cominciò a studiarne lo stile e l’incredibile immaginazione delle storie che il grande Carl scriveva, notò come in Scrooge McDuck and Money tutto questo non c’era. E disegnando per la prima volta Paperone per un cartoon, si limitò a trasformare Paperino con una tuba e un vestito diverso.
Facendo un po’ di mea culpa, ammise che il problema maggiore era l’assenza di humour, e che per la prima volta un personaggio Disney venne trasportato nei cartoon dopo la sua nascita nei fumetti. Per questo, Kimball e il suo staff non riuscirono il colpaccio, per quanto sia un corto delizioso, e mostrarono come all’epoca nessuno riuscì a cogliere il vero lato del personaggio di Paperone.
(sono grato alla mia amica Chiara Mauli per l'insostituibile aiuto nella traduzione dall'inglese).