lunedì 26 marzo 2012

Realmente muti e sordi al successo di Stanlio e Ollio

Ma sì, chiamateli riempitivi, chiamateli attappabuchi, ma tutto quello che si infila nel palinsesto nella fascia oraria del preserale sta diventando molto combattivo. Intanto, su Raitre hanno cambiato rotta, troppi ascolti fanno male e hanno chiuso la serie dedicata a Stanlio e Ollio – in parte per esaurimento titoli (che non corrisponderebbe proprio al vero), in parte perché si rischiava la saturazione del pubblico, nonostante andassero ancora fortissimo e fino all’ultimo, con i rischi dei film muti alle 20 di sera, hanno catturato due milioni di spettatori. Spostati i due comici, il palinsesto ospita da lunedì scorso le repliche del mitico Corrado Augias, già infilato nella fascia oraria più sfigata, la mattina, su Rai3, con una media di età di spettatori vicina ai 100 anni, per catturare qualche spettatore nel disperato tentativo di giustificare un programma tutt’altro che noioso, ma non proprio l’ideale per continuare ad avere quello share che riuscivano a fare Laurel e Hardy (media del 6/7% di share: a La7 pagherebbero milioni per avere questi risultati, vero Serena Dandini?) e per trainare il pubblico fino alla prima serata (con la fuga su Canale 5, per Striscia, o su Rai1, per i pacchi). Forse non interessa molto vendere lo spazio pubblicitario? Perché non siamo ingenui, se dalle 20,15 alle 20,35 gli ascolti sono sui due milioni di spettatori ogni santo giorno, i soldi sono entrati e non pochi, il progetto, molto rischioso, ha funzionato e ha tenuto per ben 62 appuntamenti serali (picchi d’ascolto vicino al 13% e per ben tre volte; maggiore ascolto? La comica QUESTIONE D’ONORE, 1935, che ha catturato 2 milioni e 670 mila spettatori; e ben sei film muti, ripeto MUTI, hanno sfondato i due milioni di spettatori), potevano andare avanti ancora per 1 mese visto le comiche ancora da trasmettere (due classici sonori, tra l’altro: HOG WILD, 1930, dove per mettere l’antenna della radio Ollio si fa aiutare da Stanlio, e THE MIDNIGHT PATROL, 1933, con Stanlio e Ollio poliziotti di ronda notturna), e invece no, troppo successo, non siamo abituati. Se alla RAI entrano soldi dalla pubblicità, sono contento, giuro, così almeno non mi rompono con l’aumento del canone..se, come no.. Detto questo, le repliche di Augias stanno andando sul milione e 200 mila spettatori di media, un ascolto tiepido ma comunque maggiore di quello mattiniero, tutti contenti e il capitolo si chiude così. C’è soddisfazione che Stanlio e Ollio rimangono ancora i maggiori comici d’epoca ad avere un vasto pubblico, continuando la loro epopea grazie ad una immagine sempre verde e, a 85 anni dal primo film, modernissima e ovviamente scompisciante. Sì, conosco i loro film a memoria, eppure rivedendoli senza impegno durante la cena ho riso di gusto come non mi accadeva da tempo. State certi che qualche rompicoglioni che ha polemizzato sul come sono andati in onda c’è stato, ci sarà sempre (per quanto boys di Raitre, avete fatto casino con un paio di film, e alcuni finali sono stati sfumati troppo presto, sapevatelo), ma anche loro contribuiscono a tenere vivo il loro ricordo e l’importanza della salvaguardia delle loro opere.

venerdì 9 marzo 2012

In attesa di avere un posto in paradiso

A forza di discutere della eredità artistica di Alberto Sordi, alla fine Carlo Verdone è riuscito a prendere le distanze dalle similitudini (molto forzate) fra i suoi personaggi e quelli di Albertone, ma ha centrato in pieno la sua cattiveria portando, senza addolcire niente e nessuno, una storia quasi goliardica di tre padri divorziati sconosciuti tra loro che per esigenza finiscono a vivere insieme, giocando molto sul contrasto dei caratteri e tirando fuori graffiate, gag fisiche e alcune battute davvero esilaranti. Posti in piedi in paradiso (2012) risulta essere una delle commedie più azzeccate degli ultimi anni e, senza voler essere una cosa positiva tutto sommato, una delle più divertenti di Verdone. Vuoi per l’età che avanza (ha 62 anni, ma una grande energia), vuoi perché s’è rotto le palle del romanticismo (ecco il rimando al Sordi cinico e cattivo), Verdone si mette un po’ da parte dando l’opportunità di grandi performance a Marco Giallini, Pierfrancesco Favino e all’ottima Micaela Ramazzotti (aria di rispolverata per Nicoletta Romanoff). Verdone si ritaglia una parte che nel finale ricorda un po’ troppo Il mio miglior nemico (2006), un momento del film che giustamente Paolo Mereghetti ha definito un po’ didascalico (il mio amico Mario l’ha definito frettoloso e banale; il finale eh, non Mereghetti), ma tutto sommato c’è poco da storcere il naso. Si ride e molto. E Verdone sembra ricalcare le vecchie farse in un pezzo che è da antologia assoluta (il tentato furto in casa di una cliente di Giallini, che per sopravvivere fa l’escort per le donne mature), con, mia sorpresa (e grande risata in sala), una citazione di una gag di Stanlio e Ollio. Non dico oltre, già il trailer (che dovrebbero essere vietati!) hanno tolto la sorpresa ad un paio di battute molto divertenti, e alcune recensioni dicono troppo. Regalatevi delle belle risate, un ottimo cast, e Verdone che ancora oggi, dopo 32 anni dal primo film, sa con precisione quando scatta la risata. Era capace di farlo anche Alberto Sordi, prima di rincoglionirsi completamente, forse sconfitto dal fatto che, ormai, nessuno si scandalizza più di niente ed è sempre più difficile far ridere la gente.
PS: ieri abbiamo visto il trailer del nuovo film di Carlo Vanzina, con l’accoglienza ghiacciata della sala. Intitolato Buona giornata, è il classico film dove si intrecciano numerose storie che vorrebbero raccontare l’Italia di oggi. Ecco, De Sica in una intervista ha definito quel trailer bellissimo. Ha inoltre dichiarato che ultimamente in Italia si girano commedie che non fanno ridere. Le sue, forse.

domenica 4 marzo 2012

30 anni senza Belushi, ma l'anima blues non muore mai.

Solo tre film da protagonista, ma dove è passato, non è più cresciuta l'erba ma solo oro. Era un genio comico, un mito cinematografico. Che non deve essere ricordato solo per i suoi 30 anni dalla morte per overdose.
Che significa sentire un rimpianto per un artista morto troppo presto? Non è forse un sentimento forzato nei confronti di chi, in vita, non ha fatto abbastanza o ha deluso i fan? Verrebbe allora da chiedersi, cosa c’entra tutto questo con John Belushi, che la sua vita l’ha passata sulle montagne russe degli stati d’animo, della distruzione e alla ricerca di essere il numero uno, riuscendoci quasi quando, compiuti i 30 anni di vita, era alle hit parade dei dischi con i Blues Brothers e forse era il comico più famoso d’America. Belushi aveva ancora da dire ma, forse, era destino che uno spirito così ribelle, rissoso, urlato e debordante, coinvolgente quanto esilarante, non poteva andare oltre l’età di un vero mito. Morì nella notte tra il 4 e il 5 marzo 1982, all’età di 33 anni, sull’onda di due mezzi fallimenti cinematografici e prossimo a realizzarne altrettanti, per quanto sulla carta il suo migliore amico, Dan Aykroyd, stava scrivendo un film da fare insieme, “Ghostbusters”, un possibile blockbuster, e il seguito del film dei Blues Brothers. Il periodo poco esaltante che stava passando era il capitolo finale di una vita molto intensa e tutto sommato divertente: quando Belushi lasciò il set del suo ultimo film, “I vicini di casa”, era il 1981, a dieci anni esatti dal suo debutto a Second City, teatro comico sperimentale con sede anche a Chicago, dove vide la luce nel 1949, da famiglia immigrata albanese. La televisione con il “Saturday Night Live”, il cinema demenziale di John Landis (“Animal House”, 1978, e il film dei Blues Brothers, del 1980), le scorribande fracassone con niente poco di meno che Steven Spielberg (“1941, Allarme a Hollywood”), e soprattutto la sua esperienza musicale nel genere blues. Belushi è riuscito a crearsi una seconda vita mitologica, da vera rockstar comica noi lo immaginiamo ancora sulla Blues Mobile con suo fratello Elwood – Dan Aykroyd, alla ricerca dei 5000 dollari necessari per salvare dallo sfratto il convento per orfanelli dove sono cresciuti. Una missione per conto di Dio. E nessuno può fermarli, neanche una morte improvvisa (per modo di dire) che si porta via uno dei maggiori comici di sempre, John Belushi, che meriterebbe uno studio maggiore sul suo lavoro come comico, sia negli sketch fulminanti del SNL, che le sue partecipazioni cinematografiche.
Entra, si ruba la scena, e se ne va. E il pubblico ride ancora, a distanza da quel 1982 maledetto, quando un drogato Belushi, eh sì, aveva il vizietto quello cattivo, necessario per reggere i ritmi e le aspettative di un pubblico senza vera pietà (sapete, la provocazione, “Facce ride”), lo addormenta nel sonno. Ho letto molto sulla sua vita, soprattutto i ricordi degli amici e colleghi, della moglie Judith, e non sono riuscito a inquadrarlo pienamente: sicuro John era una persona adorabile e necessaria dell’affetto degli amici e del pubblico più di chiunque altro, perché il suo grande successo è stato improvviso e spaventoso, era ipersensibile, era il leader in quella compagnia di matti che fu protagonista al SNL tra la prima stagione e quella del 1979 che si portò via molti di loro (Bill Murray, Gilda Radner, Dan Aykroyd fra questi), soffriva terribilmente l’insuccesso, l’insicurezza. Era circondato da amici ma, tanto era indominabile, che diede l’idea di morire da solo. Quasi nessuno riusciva più a reggere i suoi ritmi giornalieri, anzi notturni, tutti crescevano e si sposavano, non facevano più l’alba, lui era ancora sulla strada a fare lo scemo, a dirigere il traffico,come racconta in un divertente aneddoto Steve Martin. Era un kamikaze della comicità, sempre sull’orlo della demolizione, personale e collettiva, sembrava sbracato nella recitazione quando, ecco quello che è sfuggito a molti, era un grande attore dalle numerose sfumature comiche. Tutti lo adoravano, poteva lasciare nel silenzio il set dei Blues Brothers, bussare ad una casa vicina per chiedere ospitalità, svuotando il frigo e stabilirsi sul divano. Tanto, a cercare le sue tracce, ci pensava sempre il suo amico Dan. Il vicino di casa del paese. Sporcava, russava, ma non avremmo potuto fare a meno. Era il nostro amico che, ad una festa, ti mandava in fiamme la casa ma te ne ridevi, ubriaco, mentre lui corre ad un’altra festa. Uno così, nasce una volta sola. E ci manca, senza rimpianti particolari.